Roma film fest – du zhan (drug war): recensione

JOHNNIE TO FIRMA IL VINCITORE MORALE DI QUESTO FESTIVAL

GENERE: Thriller

L’ha detto in conferenza stampa con particolare fierezza: Non mi importano premi e festival, a me interessa solo che i film vadano bene al botteghino. Questo è Johnnie To, uno che probabilmente si crede un buon artigiano della regia, quando è uno dei maggiori autori del cinema d’intrattenimento contemporaneo, non solo asiatico. Dopo due opere non particolarmente ispirate, ma di sicuro effetto, To porta in Concorso Du Zhan un film che coglie nel segno e che meritava sicuramente maggiore attenzione da parte della giuria di questa rassegna.

Il film osserva in modo diretto e aspramente polemico il mondo del traffico di droga cinese, partendo dalla storia di un ex trafficante disposto a venire a patti con la polizia, rivelando fatti che fino ad allora erano rimasti nell’ombra. Abituato a trattare quasi esclusivamente storie di scontri tra la polizia e la triade di Hong Kong, To non aveva ancora trattato nella sua opera un simile argomento e se l’intento educativo c’è (la droga è un male che va’ combattuto con tutti i mezzi possibili), al regista di Hong Kong interessa ben altro: le dinamiche tra gli esseri umani e le infinite sfumature che ci sono nei buoni e nei cattivi. Infatti l’elemento che emerge maggiormente nella storia è il rapporto tra il poliziotto, impassibile e apparentemente pronto a tutto, e l’ex trafficante, vigliacco e mefistofelico al tempo stesso. Sono due mondi che si scontrano e se all’inizio la mediazione funziona, dopo un po’ crolla e il sangue è destinato a fluire copioso.

Da sempre portatore di deliziosi inserimenti di umorismo, To a metà della storia riesce a deliziare lo spettatore ancora di più con delle gag legate al personaggio scorsesiano di Fra Haha, chiamato in questo modo perché ride ad ogni dialogo che gli si faccia. Ma si tratta di una leggerezza che dura pochi minuti, perché la pillola che lo spettatore ingoierà negli ultimi istanti del film è amara. In sostanza, il regista di Election firma delle sequenze pirotecniche, come ci ha abituato nel suo cinema, ma riesce ad aggiornare il suo catalogo di personaggi memorabili, dando la possibilità a Sun Honglei di recitare uno dei personaggi più iconici del recente cinema poliziesco, con un detective che per ‘tostaggine’ non puo’ che ricordare certe maniere eastwoodiane. E in più la sparatoria finale è una di quelle sequenze mozzafiato che ogni appassionato di cinema di genere si porterà a casa tra i pochi momenti veramente di Grande Cinema, visti a questo festival.

Si puo’ dire insomma, con un senso di soddisfazione e con una certa qual fierezza, che Johnnie To è tornato a fare il cinema come si deve e grazie a questo titolo chi non conoscerà la sua opera, comincerà a divorarla, mettendo così To, tra i migliori autori di certo genere di cinema. Peccato che nessuno si sia degnato di acquistarlo per la distribuzione nel nostro paese, perché tra supereroi patinati e attempati mercenari, il pubblico italiano avrebbe bisogno di una storia di uomini semplici, buoni e cattivi, raccontata con gran stile da un regista che meriterebbe maggiore riconoscenza, non solo nel giro dei festival.

(18 novembre 2012)

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