LA KERMESSE CHE NON HA RISPETTO DEL SUO PUBBLICO…O DELLA CRITICA DI SETTORE
Iniziato a suon di polemiche e conclusosi con una melodia ancor più severa il Festival Internazionale del Cinema di Roma quest’anno non ha avuto vita facile. Poco glamour, film mediamente mediocri, mass media che hanno quasi snobbato la rassegna e delle premiazioni che sono un’offesa al cinema, almeno a quello italiano. In questa valle di lacrime color rosso fuoco, però, qualcosa si è salvato.
Tra le punte di diamante della kermesse c’è stata sicuramente la sezione, indipendente, di Alice nella città che oltre a un grandissimo successo (si parla di 3000 presenze in più rispetto allo scorso anno) ha portato in quel dell’Auditorium una selezione di film molto interessanti e ha premiato i due obiettivamente più belli The tree of orange e Pulce non c’è entrambi forti di standing ovation in sala.
Nota di merito va anche alla sezione Prospettive Italia che tra documentari, cortometraggi e film ha toccato i temi salienti del nostro belpaese, dalla politica all’immigrazione passando per la realtà paradossale dei quartieri degradati di Napoli, senza risultare mai banale o retorica. Il film vincitore della sezione Cosimo e Nicole è stato una delle perle rare della kermesse.
Nota dolente del Festival invece sono stati i lungometraggi in concorso e le relative premiazioni. Il Marc’Aurelio d’oro al miglior film, Marfa Girl, è immeritato nonostante la grandezza visionaria e cruda del suo regista Larry Clarke che con questa pellicola però non ha fatto altro che autocompiacersi dirigendo un film che ricorda vagamente la bellezza di Ken Park senza però avere lo stesso spessore narrativo, senza avercene alcuno.
Il vero scandalo del Festival è stata la vittoria del Premio per la miglior regia a Paolo Franchi a E la chiamano estate, film denigrato da pubblico e critica. Non contenta la giuria ha dato allo stesso film anche il Marc’Antonio per la migliore attrice protagonista a Isabella Ferrari meritevole di nulla se non di aver mostrato le sue grazie e la sua mono-espressività all’Italia intera. Alì ha gli occhi azzurri invece ha vinto il Premio speciale della Giuria come migliore opera prima.
Meritato il Marc’Aurelio d’oro come miglior attore dato al protagonista di Main dans le main a Jérémie Elkaïm e quello alla piccola Marilyne Fontaine per Un enfant de toi, unica nota positiva di un film decisamente prolisso.
Il pubblico, dimostrando più gusto della giuria composta da Timur Bekmambetov, Valentina Cervi, Edgardo Cozarinsky, Chris Fujiwara, Leila Hatami e P.J. Hogan e presieduta da Jeff Nichols ha premiato la superba storia di due fratelli in fuga Motel life. Scende il sipario su una kermesse che, dall’inizio alla fine, ha dimostrato poco gusto e che ha punito la bellezza della settima arte forse perché, facendo vincere il film più discusso, almeno ha fatto, sul finale, parlare di sé.
La settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma non ha avuto rispetto del suo pubblico comunque numeroso calcolando che in molti casi le proiezioni hanno registrato il sold out. E al di là della mancanza di star importanti e della mancata presenza di Tarantino che ancora brucia, è stata questa la colpa imperdonabile.
Sandra Martone