Nella casa: recensione film

FRANÇOIS OZON NEL SUO NUOVO, BIZZARRO, LUNGOMETRAGGIO DI FORMAZIONE

GENERE. drammatico

DATA DI USCITA: 18 aprile

François Ozon è uno dei registi più celebri in Francia, uno di quelli intoccabili dai critici delle riviste specializzate che appena vedono un suo film lo proclamano ‘capolavoro’ senza donargli la minima attenzione critica. In verità l’autore di Otto donne e un mistero e Swimming Pool è un buon regista, non l’esponente della rinascita del nuovo cinema francese, ma senz’altro uno di quelli la cui visione ha contribuito al momento incredibilmente positivo che la settima arte dei nostri ‘cugini’ sta vivendo. 

Dans la maison pur non essendo un capolavoro, è un’interessante riflessione sull’importanza del cinema e il bisogno di raccontare le storie.

Alla base ci troviamo di fronte a una classica storia liceale con un professore che ammira la scrittura di un suo studente che gli narra le vicende della sua amicizia  con Raphaël e l’attrazione che prova per la di lui madre. Tra i due nascerà un sentimento così forte che porterà il professore a ribaltare le sue abitudini e la sua intera vita.

Ozon sembra ancora interessato a vicende sentimentali torbide e l’amore che prova Raphaël nei confronti del suo nuovo amico sembra indirizzarsi nell’arco delle storie omosessuali tra le principali tematiche del cinema ‘ozoniano’. Però in primo piano assume notevole importanza la dialettica tra professore e allievo sull’importanza di raccontare e su come lo stile di scrittura possa incidere sulla morale di una persona. Notevoli a tal proposito sono le scene in cui il professore si inserisce nei flashback raccontati dal giovane protagonista, in quel mix tra realtà e finzione, tanto caro ad autori come Kaufman e Jonze.

Purtroppo Ozon qualche volta sembra lasciarsi prendere fin troppo dalle riflessioni meta-linguistiche, portando dunque il film più vicino alla saggistica letteraria che a un esempio di grande cinema per cui lo spettatore possa emozionarsi e provare brividi. Resta comunque un esempio di grande recitazione in cui Fabrice Luchini, visto anche ne Le donne del sesto piano, si conferma come uno dei migliori attori francesi della sua generazione, capace di trascinare il pubblico nelle sue ossessioni e nelle sue angosce di professore frustrato. I ragazzi sembrano invece i doppi di regista e sceneggiatore, piccole incarnazioni del perfetto ‘bourgeouis’ parigino, capaci di comportarsi dei perfetti damerini anche nelle situazioni più burrascose: ma esistono veramente adolescenti così?

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