Viva l’italia: intervista ad alessandro pesci, direttore della fotografia

“IL MIO È UN LAVORO DI RICERCA DOVE ESSERE SPETTATORE DI CINEMA AL CINEMA È UN MOMENTO DECISIVO”

L’ultimo film in cui ha lavorato è stato Viva l’Italia che forse è da considerare la migliore pellicola italiana del 2012, sia per la critica che per il botteghino. Ma Alessandro Pesci, dal 2000 a oggi, è stato direttore della fotogtafia di numerosi lungometraggi, tra gli altri ricordiamo Caos Calmo, N-Io e Napoleone e Habemus Papam (per cui ha ottenuto il Nastro d’argento alla Miglior fotografia), ma anche di fiction seguitissime dal pubblico come Elisa di Rivombrosa, Il mostro di Firenze e il recente Il caso Tortora. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui, con chi dietro le quinte ma nel cuore del cinema ci lavora ogni giorno.

Viva l’Italia è il primo film italiano che dopo mesi, è riuscito a scalare le classifiche del box office superando anche mostri sacri del nostro cinema come Bertolucci. Lei come si spiega questo successo?

Viva l’Italia è un bellissimo film che fotografa il paese con acutezza ed un impietoso senso comico sulle cose che vorremmo cambiare. Su tutte la meritocrazia e l’onestà. Gli spettatori hanno apprezzato.

Una delle scene che hanno più colpito del film è quella in cui l’Onorevole Michele Spagnolo (Michele Placido) vagando per Roma si ritrova al centro di alcuni scontri tra manifestanti e polizia. Un ragazzo gli consiglia di stare attento ma lui, noncurante, passa nel bel mezzo delle schermaglie uscendone indenne. Questa scena è metafora dell’immunità che i politici hanno?

È una bella lettura della scena la sua. Massimiliano riesce ad emozionarci con qualcosa che siamo abituati a vedere tutti i giorni al telegiornale. Io l’ho vista come la storia di un uomo che comincia a rendersi conto del suo paese dopo che per anni ha pensato solo ai propri affari. Uno spettatore non coinvolto in quella lotta ma protagonista responsabile del malessere del paese.



Lei nella sua carriera è stato direttore della fotografia di molti e film e di fiction di successo. Ha lavorato anche in Habemus Papam accanto a Nanni Moretti. Qual è la differenza tra lavorare con un regista come lui e uno più giovane anche se forte del grande successo di Nessuno mi può giudicare, come Massimiliano Bruno?


­L’approccio ad un film è lo stesso. Si visualizza il film mentre si legge la sceneggiatura e man mano che le idee arrivano si inizia a costruire un progetto visivo da proporre al regista. Si ascolta e si segue il regista credendo in ciò che si fa.

Qual è, tra i tanti film di cui lei è stato direttore della fotografia (tra gli altri Caos Calmo, N- Io e Napoleone e A cavallo della tigre) quello che ha amato di più?


Il mio primo lungometraggio con Peter del Monte, ‘Tracce di vita amorosa’ (1990). Peter mi regalò tanti spunti per iniziare a cercare quello che ho inseguito nelle immagini di tutti i film che ho girato: …trafigurazione… diceva Peter, …dobbiamo trasfigurare…. Questa parola è il centro del mio lavoro. A parte Del Monte in ‘Tracce di vita amorosa’, eravamo quasi tutti esordienti. Una nave scuola, la chiamava lui e tutti dentro un sogno. Poi i fischi a Venezia, motivati da una presunta non appartenenza a temi sociali che il regista proprio non aveva alcuna intenzione di trattare, ci risvegliarono di colpo ma dopo quel film tutti quelli che vi parteciparono cominciarono a lavorare con continuità.


Il mondo del cinema per i giovani che vorrebbero lavorarci sembra ad oggi un sogno inarrivabile. Quale consiglio darebbe a un ragazzo che vuole intraprendere la sua carriera? 


È un lavoro di ricerca fatto di osservazione della realtà e studio dove l’essere spettatori di cinema al cinema è un momento decisivo. Il mestiere è un insieme di automatismi che arrivano dall’esperienza che bisogna alimentare continuamente con questa ricerca personale. Consiglierei di imparare presto a dividere i sogni dal piano della realtà. 
La scuola di cinema è determinante per prepararsi ad una professione impegnativa dove bisogna coniugare continuamente creatività e regole. Realizzare un film è quasi un’attività agonistica e giorno per giorno si deve imparare ad esprimersi secondo la regola del fare presto e bene.

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