MOLTI COLLEGHI LO SUPPORTATO MA PUPI AVATI POLEMIZZA “LUI È ANDATO IN AMERICA”
Su Il Messaggero Gabriele Muccino ha scritto che nel 2013 il cinema italiano dovrà “rimboccarsi le maniche” ovvero cambiare profondamente per ricominciare a raccontare la nostra realtà per ispirare il mondo come è già accaduto nel nostro meraviglioso passato. Questa affermazione ha aperto un dibattito tra i suoi colleghi. Marco Bellocchio dice “perché il cinema torni grande devono sussistere le condizioni minime. Lo Stato deve aiutare chi è onesto e ha buone idee a raccontare le sue storie. Augurio minimo, ma concreto.”
In questo acceso dibattito si inserisce anche la regista Liliana Cavani “con le chiacchiere non si va da nessuna parte e qualsiasi rinascita sarà impossibile se il cinema italiano continuerà a non essere preso sul serio dalle istituzioni. Non esiste più una realtà industriale. Di fatto sono rimasti due soli produttori, Medusa e RaiCinema… Noi non cerchiamo sovvenzioni: pretendiamo rispetto. Il cinema è un’industria culturale di capitale importanza che dà lavoro a 250 mila persone, ma lo Stato non l’ha mai capito.”
Chi senza se e senza ma è dalla parte di Muccino è Mimmo Calopresti: “ha ragione, rimbocchiamoci le maniche e riprendiamo in mano il nostro destino. Siamo ancora in grado di raccontare storie e tornare protagonisti. Magari impareremo a fare film con meno soldi… ma dobbiamo essere noi stessi il motore del cambiamento”.
Pupi Avanti, invece, attacca con forza il regista di L’ultimo bacio “mi stupisce che proprio Gabriele Muccino parli di rinascita del cinema italiano, proprio lui che il cinema l’ha cercato altrove, in America” afferma il regista che però ammette “come si fa a non essere d’accordo con Gabriele? È evidente che lui allude alla perdita della nostra identità, delle ispirazioni e suggestioni che arrivano da tutte le parti tranne che dalle nostre radici. L’italianità, fatti salvi alcuni settori, sta scomparendo a favore di un omologazione nel modo di vivere e comportarsi che sta portando a un generale appiattimento. Di conseguenza anche il nostro cinema paga un prezzo salato e dovrebbe farci riflettere il fatto che agli Oscar, oggi, ci sono due film francesi e nessun italiano. Non solo, i film italiani che hanno avuto più successo nel mondo sono quelli che raccontavano la nostra vera anima, le nostre origini contadine, la storia delle nostre province. Ed è proprio questo che io ho sempre cercato di raccontare nei miei film. In ogni caso – conclude Avati – penso che stiamo attraversando un periodo di deficit di creatività, in tutti i settori. La cultura è la prima cartina tornasole di un paese, e il nostro è in piena turbolenza. Ci sono composte visioni del mondo, tutte fortemente confuse e poco delineate. E l’Italia di oggi è fuori dagli interessi di tutti“.