In darkness: recensione film

LA STORIA CHE HA COMMOSSO IL MONDO IN ITALIA PER IL GIORNO DELLA MEMORIA

GENERE: drammatico

DATA DI USCITA: 24 gennaio 2013

VOTO: 3,5 SU 5

in_darkness_posterSono moltissimi i film che, in un modo o nell’altro, trattano il tema dell’Olocausto. Una perla tra le tra perle della cinematografia che narra di questo periodo buio della storia arriva nelle sale italiane, con molto ritardo rispetto al resto del mondo essendo stato il lungometraggio nella lista dei 5 migliori film stranieri candidati agli Oscar lo scorso anno, è In darkness.

La sua data d’uscita nel nostro paese non è casuale, infatti sarà distribuito nelle sale dal 24 gennaio in tempo per il giorno della memoria, il 27, che quest’anno cade di domenica.

Molto vicino, soprattutto per la tematica della redenzione di un cattivo a Shindler’s List, In darkness narra la storia, vera magistralmente diretta da Agnieszka Holland, di un gruppo di ebrei che vengono nascosti sotto terra da Leopold Socha, un ladruncolo polacco, operaio delle fognature.

La storia cattura, oltre che la ferocia di un periodo storico ancora agghiacciante da riscoprire nelle immagini di chi lo rievoca, le vite di questi ebrei attraverso gli occhi di Leopold che proprio tramite la conoscenza con la realtà meschina delle vite di queste persone cambia. Un mutamento lento vero che e mai banale o banalizzato dalla narrazione.

L’uomo che inizialmente nasconde quelle anime ricercate per la loro religione per guadagno ma col pensiero di denunciarle alla fine si avvicina a loro arrivando a chiamarli “i miei ebrei” e creando, con ognuno, un rapporto umano diverso.

Le riprese, in gran parte fatte dal basso, vogliono calare lo spettatore esattamente dove quegli ebrei erano: al di sotto del plausibile, della terra e di qualsiasi forma di giustizia.

Delicata e splendida la recitazione di ogni singolo protagonista che rende la storia garbata e essenziale, pregna di realtà e priva di ogni tipo di retorico sentimentalismo.

Metafora meravigliosa che con decisione fa capire l’atrocità della deportazione rendendo comunque la vita nelle fogne meno terrificante di quella in un campo di concentramento.

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