Jeff buckley: il mito diventa film

IL MITO DEL MUSICISTA RIVIVRÀ AL CINEMA

Jeff Buckley è scomparso nel 1997, all’età di trent’anni. Come molte star della musica la sua morte è a tutt’oggi controversa e, sempre come molte altre star della musica, ha tutte la carte in tavola per essere idolatrato e una vita tanto breve quanto piena di spunti ottimi per una sceneggiatura: bello, ribelle, un rapporto controverso con il padre e una canzone capolavoro composta, Grace.

Buckley ha composto un solo album e inizialmente non fu molto considerato ma, come spesso capita, la morte e una buona manciata di canzoni hanno portato il pubblico ad idolatrarlo soprattutto perché il ragazzo era in effetti un grande esecutore e musicista: 200 cover incise in tutto il mondo, una lista infinita di esecuzioni (da Bob Dylan a John Cale, da Justin Timberlake a Elio e le storie tese), una presenza costante come colonna sonora di scene malinconiche di film e serie tv, da Shrek a E.R., da The West Wing a Dr.House.

La sua musica in bilico tra cantautorato post, impennate rock duro, e sensibilità jazzistica, non fa parte del sound anni ’90. Il disco Grace, ritenuto uno dei capisaldi rock da David Bowie, Bob Dylan, Robert Plant, e infiniti altri mostri sacri, brilla ancora di novità.

A ricordare il musicista arriveranno a breve tre film: il primo è Greetings from Tim Buckley. Ben accolta a Toronto nello scorso settembre, la pellicola di Daniel Algrant con Penn Badgley (Dan di Gossip Girl) è centrata sul rapporto padre-figlio, che culminò nel concerto-tributo del 1991 di Jeff alla memoria di Tim, morto nel 1975.
 A seguire arriverà Drop, dell’australiano Brendan Fletcher, basato sulla biografia di Buckley scritta da Jeff Apter. Anche qui al centro del plot dovrebbe esserci il rapporto padre-figlio. 


Ma il biopic ufficiale sul cantautore di Grace dovrebbe essere Mistery White Boy, la cui produttrice esecutiva è la madre di Jeff, Mary Guibert, ferrea amministratrice dell’immagine post mortem del figlio.

A quanto ne racconta un interessante articolo dell’Atlantic, la Guibert avrebbe fatto fuori dalla produzione il regista Jake Scott in favore di Amy Berg, e avrebbe respinto le proposte di un Brad Pitt che già aveva messo su carte le sue idee, ritenendo troppo fantasiosi i copioni proposti dall’attore: pare che una scena prevedesse un incontro onirico tra padre e figlio, propiziato dall’Lsd, ma la Guibert ha sempre asserito che il figlio non facesse uso di droghe.

Al di là di chi interpreterà e dirigerà la biopic bisognerebbe evitare di idolatrare il genio e farlo vivere in pace nel ricordo più sporco e più vero.

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