LA REDAZIONE SI CONFRONTA SULL’ULTIMA FATICA MISTERY DI GIUSEPPE TORNATORE
Uscito il primo gennaio nelle sale, La migliore offerta, è il nuovo film del premio Oscar nostrano Giuseppe Tornatore che racconta una storia d’amore e di truffa che ha come sfondo il mondo delle aste. Il regista, che ha voluto un ambientazione mitteleuropea per questo suo nuovo lavoro, si è circondato di grandissimi nomi del cinema internazionale. Il protagonista del film è infatti Geoffrey Rush mentre le musiche sono del Maestro Ennio Morricone.
La redazione che ha visto in anteprima il nuovo lavoro del regista si confronta:
1)IL FILM MANTIENE LO STILE DEL REGISTA?
SIMONE BRACCI: In realtà nel tocco del maestro Tornatori, come lo chiama Rush, c’è sempre stata una mescolanza di generi cinematografici, un ruvidezza quando trattati temi scottanti, una dolcezza narrativa quando la storia prende una piega romantica. In questo film don Giuseppe perde un po’ la mano saltellando da una parte e l’altra e dirigendo un cast straniero che sa troppo di “italiani”.
SANDRA MARTONE: Il film mantiene la perfezione registica di Tornatore, persa un po’ in Baaria, riscattandolo dalla provincialità della scorsa pellicola e riprendendo le ambientazioni mitteleuropee già viste nel suo La sconosciuta e il tema e l’ossessione dello spazio che sia il protagonista maschile, Oldeman, che quella femminile, Claire, hanno e che il regista ha messo in luce tempo fa con La leggenda del pianista sull’oceano.
2) A QUALE TIPO DI PUBBLICO POTREBBE CONQUISTARE?
SB: Ampio, questo è certo e con merito. Perché seppur con numerose falle, il film avvince e per un attimo ci si dimentica della ruggine di alcuni ingranaggi nei passaggi mistery della storia, perché alla fine è il messaggio che conta: un uomo che non sa amare, alla fine lo imparerà a sue spese. Quindi un pubblico numeroso che si identificherà nel protagonista, e magari una nicchia di cultori dell’arte.
SM: Un pubblico adulto certamente, ma di sicuro gli amanti di Tornatore, dell’arte, perché sono inquadrati moltissimi capolavori dei più svariati artisti di ogni epoca, e in generale gli amanti del cinema perché la regia di questo lungometraggio rasenta la perfezione e in certi momenti diventa pura poesia raccontando più di mille dialoghi.
3) LO CONSIGLIERESTI?
SB: Con qualche remora, propendendo poi per il sì. Perché si tratta di un lavoro tricolore che rende onore al nostro cinema, pur con un personaggio internazionale, la sua funzione scenica è importante e Rush impeccabile. Importanti i costumi, la costruzione nel montaggio, la scelta stilistica di non inquadrare mai la città ma puntare al dialogo come unico punto di riferimento. Per tre quarti magnifico, poi smarrita l’idea fulminante, Tornatore si fa un po’ troppo mestierante e nasconde alcuni limiti di scrittura.
SM: Sì perché è un film non banale che ha come unica pecca, ma è una pecca tipica di Tornatore che questa volta va perdonata, quella di tirare con il ripetersi di alcune scene la caratterizzazione dei personaggi portandola così dal realistico al rasentare il limbo dell’inverosimile. Nelle sue descrizioni fatte con la macchina da presa il regista è come se sottolineasse più volte la personalità del protagonista anche quando non serve perché si palesa benissimo con l’andare avanti della pellicola, come è giusto che sia.