LA REDAZIONE SI DIVIDE SULL’ULTIMO SPIELBERG, AUTORE MAISCOLO MA NON SEMPRE ISPIRATO
Col volgere al termine della Guerra di secessione americana, il presidente degli Stati Uniti d’America Lincoln deve affrontare il problema dell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d’America all’interno del Gabinetto degli Stati Uniti d’America. L’idea del progetto prende vita quando Steven Spielberg incontra la scrittrice Doris Kearns Goodwin, che aveva appena finito la stesura del suo libro Team of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln (pubblicato nel 2005), letto dallo stesso Spielberg in anteprima, su concessione della scrittrice.
USCITA CINEMA: 24/01/2013
1. RISPECCHIA LO STILE CINEMATOGRAFICO DEL REGISTA?
VALENTINA CALABRESE: Lo stile di Steven Spielberg è cambiato molto dai suoi esordi ad oggi, e non possiamo negare che sia uno dei registi più furbi e lungimiranti della storia del cinema. La sua abilità è quella di mettere la sua regia in funzione del racconto e del genere che di volta in volta ha scelto per il suoi film. Ha diretto film in cui era l’azione dinamica a muovere la storia, altri invece, in cui è l’intimità di un personaggio il motore di tutto. In questo caso, con Lincoln, Spielberg piega la sua regia al servizio della Storia, quella con la S maiuscola, che racconta la vita di uno dei più grandi Presidenti degli Stati Uniti d’America.
SIMONE BRACCI: Diciamo che questo film si innesta perfettamente al termine di una parabola registica in modo perpetuo per Steven Spielberg, anzi la definirei meglio come una linea retta in cui si parte dall’indie Fuel fino a questo prodotto mainstream. L’idea buona, il soggetto interessante e un attore da Oscar però non bastano a salvare una pellicola che si macchia per lacune e trovate di una banalità disarmante. Oltre a peccare di pathos in modo veniale, considerando che se “dipingi” così un uomo di tale grandezza, la sua uscita di scena dovrebbe essere almeno altresì gloriosa. Invece scorre via come un bicchiere d’acqua del rubinetto.
2. INTERPRETAZIONE + SCENOGRAFIA BASTANO PER RENDERE UNA STORIA MERITEVOLE ?
VC: In un film come questo, in cui la sceneggiatura rappresenta il fulcro, le interpretazioni dei bravissimi attori, l’impianto scenografico e fotografico bastano e concretamente rendono il film meritevole di tutto il successo.
SB: Mostruoso Day Lewis, mezzo sangue americano-alieno, altrimenti non si spiegano le sue metamorfosi catartiche. La sceneggiatura, presa di petto dal romanzo della Goodwin (leggi sopra) ricalca troppo sulla verbosità dell’allora politica americana divisa, senza puntellare il carisma che si crea attorno ad un personaggio leggendario. Cinema di alta qualità, ma che poteva e DOVEVA osare di più, ergersi ad imponente capolavoro e non ha gradevole biopic di comunque tre ore.
3. PERCHE LO CONSIGLIERESTI E A QUALE PUBBLICO?
VC: Perché Lincoln è un film che emoziona, istruisce e rammenta, donandoci una lezione di politica che ci porta a recuperare quei valori di cui la politica può e deve farsi portatrice; lezione che da troppo tempo è ahimè dimenticata.
SB: Lo consiglierei veramente a chi vive di pane e celluloide da spalmare servita con un calice di brandy. L’eleganza della messa in scena è dedicata ai cultori di un certo cinema, Spielberg esula dal suo essere rappresentante onnisciente di un cinema popolare e propone standard alti senza rispettarli. Dedicato, in pieno, a chi vuole abbuffarsi nella melassa della retorica made in usa e a chi ha la pazienza di gustarne le sottigliezze (molto) ben nascoste.
SCRITTO DA VALENTINA CALABRESE E…