CRITICHE DALLA CIA E DALLA STAMPA. RICORDIAMOCI CHE UN FILM È FINZIONE
Il bello del cinema è che ti permette di fantasticare. Film di ogni genere possono avere protagonisti in cui possiamo rivederci, supereroi per i quali tifare, personaggi che sogniamo di essere. E così anche le storie, vere o create ad hoc che siano. La settima arte è pura visione, è divertimento, è staccare la spina per circa due ore e lasciarsi trasportare. Ma già prima di comprare il biglietto e dopo la fine dei titoli di coda, si ben sa che ciò che si è visto sia finzione, e nel caso di una storia vera, sia romanzata.
Ciò che sta accadendo al capolavoro cinematografico di Kathryn Bigelow, Zero dark thirty – cliccate qui per leggere la nostra recensione – è un vortice di polemiche dovute alla realtà cruda, dura e violenta del film. Ma un film che tratta di guerra può essere leggero? La regista premio Oscar viene accusata di aver reso troppo irreali i fatti che hanno portato alla cattura del leader della setta terroristica di Al-Quaeda, Osama Bin Laden. Si sa che gli americani hanno a cuore questa faccenda, dopo l’11 Settembre del 2001 non aspettavano altro che veder titolare i giornali con la sua cattura-morte.
Ma che addirittura la CIA si intrometta per smentire che i trattamenti brutali e feroci di tortura che vengono mostrati nel film siano effettivamente tali, è davvero troppo. Se poi a queste dichiarazioni, aggiungiamo le ultime polemiche suscitate dal premio Pulitzer americano Steve Coll, il quale ha sottolineato che evidenziare nel film come siano state necessarie tali crudeltà per arrivare alla sua cattura sia una cosa controproducente, vuol dire che siamo veramente alla frutta.
Sicuramente bisogna stare attenti quando si scrive e gira un’opera cinematografica, perché bisogna anche pensare che essendo vista da molte persone, possa influenzare in un modo o nell’altro l’opinione pubblica. Ma speriamo di poter pensare che gli individui siano intelligenti da capire quale sia il confine tra finzione e realtà. E se pure non lo capissero, bisogna comunque pensare che film di questo genere servono anche a far conoscere eventi storici e riflettere su argomenti della società. Il dibattito costruttivo è, infatti, un ottimo metodo di approfondimento culturale basta che sia seriamente proficuo e intelligente. In Zero dark thirty, inoltre, si ben comprende quanto la stessa protagonista sia contraria a questi metodi di interrogatorio.
È alquanto divertente anche il fatto che siano proprio gli americani a scandalizzarsi per l’intensità di tali scene, quando gli Stati Uniti sono ancora uno dei 76 paesi nei quali è prevista l’applicazione della pena di morte. Smettiamola quindi, con questo perbenismo. Smettiamola con inutili polemiche volte a puntare il dito e screditare uno dei film più apprezzati degli ultimi tempi. Smettiamola con questa ottusità che caratterizza quelli che si ritengono ben pensanti.
Leviamo la maschera della limitatezza e cominciamo a tifare per la meraviglia cinematografica della Bigelow, destinata ad essere una delle più premiate dell’anno appena iniziato!
V.V.