IL RUSSO BORIS KHLEBNICKOV IN CONCORSO A BERLINO
Dopo Promised Land oggi a Berlino è stata la volta del secondo film che ha come filo conduttore della sua sceneggiatura la difesa della terra e la salvaguardia della vocazione agricola.
Il regista questa volta è il russo Boris Khlebikov che ambienta A long and happy life nella penisola di Kola nel nord della Russia dove gli agricoltori vengono costretti a cedere le proprie terre a una società incaricata di espropriare le terre per conto di un ricco compratore. Ma nella mente di Sacha, giovane imprenditore che si è trasferito in campagna dalla grande città, qualcosa scatta quando, già intenzionato a mollare tutto in cambio di una sostanziosa somma di denaro, si trova di fronte a un gruppo di lavoranti ben decisi a difendere la propria terra e il proprio impiego.
Il film del cineasta russo mette in evidenza l’individualismo delle persone facenti parte di una stessa collettività. Con interpretazioni lodevoli, una lussuosa fotografia e una sceneggiatura molto verosimile, anche perché per la lavorazione del film lo stesso regista insieme al co-sceneggiatore Alexander Rodionov hanno per mesi esplorato e intervistato le persone che vivono realmente nella penisola, sembra non decollare mai veramente facendo perdere il filo del ragionamento del protagonista e il motivo della sua difesa di quelle attività e di quel mondo a cui voleva porre fine.