L’URLO DI LIBERTÀ DI PANAHI, LA SOLITUDINE DI CAMILLE CLAUDEL, IL THRILLER PSICOLOGICO DI SORFERBERGH E GIUSEPPE TORNATORE
Sotto il cielo della fredda Berlino il Festival prosegue imperterrito regalando stupore, dopo i primi giorni più quieti dal punto di vista cinematografico.
In concorso oggi sono stati presentati tre film di grandissima valenza psicologica: Camille Claudel 1915, storia della scultrice francese amante di Rodin internata in manicomio dai suoi familiari e interpretata da una superba Juliette Binoche, il film del grande assente Jafar Panahi, di cui il cartonato spiccava ai bordi del tappeto rosso affianco ai suoi sostenitori, grido di libertà del grande assente che nonostante le spinte della Merkel non ha potuto attraversare il red carpet della Berlinale ma che comunque ha fatto sentire la sua presenza con l’immaginifico Closed Curtain e Side Effects, ultima e attesissima opera di Steven Soderbergh che racconta quanto gli antidepressivi possano cambiare la vita di persone già provate da una forte malattia dell’anima.
L’Italia ha finalmente sfilato in grande stile con La migliore offerta di Giuseppe Tornatore presentato nella sezione Berlinale Special.
Le donne vere protagoniste di questo Festival sia in giuria che nelle storie che i film raccontano sono state oggi al centro della sezione Panorama: Abby è la protagonista di Concussion, diretto da Stacie Passon, una lesbica che vive una vita serena accanto a sua moglie e i loro bambini, che vede la sua vita completamente rivoluzionata dopo che riceve un colpo sulla testa, durante una partita di baseball con i suoi figli. Analia invece è la protagonista di Habi, the Foreigner di Maria Florencia Alvarez, una donna che dopo aver assistito ad un funerale musulmano resta affascinata dalla cultura dell’Iran al punto da fingere di essere lei stessa iraniana e cambiare il suo nome in Habi. L’incontro con un giovane libanese – che la scambia per sua sorella scomparsa – renderà il cambio di identità di Analia ancora più drastico.
La terza e ultima donna di Panorama invece è Chloe, una giovane ostetrica canadese protagonista di Inch´Allah di Anaïs Barbeau-Lavalette. Chloe lavora in un campo di profughi palestinese situato in Cisgiordania e durante il suo incarico viene a contatto con la realtà del conflitto e del modo in cui le persone ne restano segnate.
Ancora ottimi lungometraggi quindi in questa giornata di un Festival partito un po’ a rilento ma che giorno dopo giorno sta alzando il livello qualitativo delle sue pellicole.