Cinema adriano: sorgente group si ritira dall’acquisto

IL SINDACATO CHE OSTACOLA, I COMPRATORI CHE VOGLIONO SMEMBRARE E NEL FRATTEMPO LE SALE CONTINUANO A CHIUDERE

È sempre più in alto mare la vendita delle sale cinematografiche dell’ex circuito Cecchi Gori. Dopo la forte presa di posizione dei Comitati unitari di base (Cub Informazione) contro la vendita frazionata di alcune sale, starebbe per uscire di scena uno dei protagonisti più promettenti dell’affaire: Sorgente Group guidata da Valter Mainetti, che stava negoziando da mesi l’acquisto del Cinema Adriano a Roma avrebbe deciso di chiamarsi fuori: “Comprendiamo la forte tensione anche sociale che sta nascendo attorno a questa trattativa, effettivamente durata a lungo, e stiamo pensando di annullare il nostro interesse”, fanno sapere fonti finanziarie vicine a Sorgente: “Avevamo detto e garantito che il Cinema Adriano non avrebbe perso la sua attuale funzione, ma vediamo che questa nostra affermazione non è bastata ai sindacati”.


La probabile uscita di Sorgente Group aggraverebbe l’incertezza sul futuro del circuito. Sabato scorso, i Cub avevano diramato una nota molto dura contro la situazione d’incertezza in cui versa il gruppo: “i lavoratori e le organizzazioni sindacali non sono messi in grado di sapere quale futuro è previsto per il circuito”, si afferma nella nota. “Non hanno avuto esito alcuno le ripetute richieste d’incontro, rivolte al liquidatore dalla CUB Informazione” e “l’estenuante prolungamento delle trattative con Mediaport (impresa che fa capo a Massimo Ferrero, ndr) sta portando al progressivo e deleterio affossamento del circuito cinematografico che ha perso già due sale (Roma e Empire) e vede sempre più incombente la minaccia della chiusura di altre tre sale (Admiral, Gregory, Troisi) nonché  l’annunciata richiesta della cassa integrazione in deroga. La ventilata soluzione della vendita frazionata del circuito, con l’acquisizione del solo cinema Adriano da parte di Sorgente Group aggraverebbe ulteriormente la già difficile situazione economica del circuito che, in tal modo, perderebbe la proprietà del pezzo più importante sia per entrate commerciali che per prestigio. Anche con le rassicurazioni fornite dal gruppo acquirente, riguardo alla sua intenzione di mantenere attivo l’esercizio cinematografico e di non operare modifiche di destinazione d’uso, rimane indispensabile per il futuro dei lavoratori opporsi con tutte le forze alla vendita frazionata del circuito”.



La conseguenza pratica di questa presa di posizione è che adesso anche il personale della sala che stava per passare di mano vede pregiudicato il proprio futuro. Difatti delle undici sale ex Cecchi Gori sono rimaste attive solo sei: hanno chiuso da tempo Empire e Roma, chiuderanno presto Gregory e Troisi, e prossimamente l’Admiral, secondo il “punto” fatto dai sindacati.
Ma d’altra parte qui si sta parlando di persone che vedono compravendere il proprio lavoro e il proprio futuro. Se da un lato l’atteggiamento dei sindacati è duro dall’altro quello dei compratori non è affatto chiaro: dare garanzia senza rispondere alla richiesta di un incontro è come lanciare il sasso e tirare indietro la mano.

Il giusto sta nel mezzo: un passo da entrambe le parti potrebbe salvare qualche sala e molta cultura.

Sandra Martone

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