Il figlio dell’altra: recensione film

L’APPASSIONANTE STORIA DI DUE FAMIGLIE, CAPACI QUASI DI OLTRE PASSARE IL CONFLITTO DELLE LORO NAZIONI

GENERE: Drammatico

USCITA: 14 marzo 2013

Cosa fareste se tutta la vita che avete condotto fino ad oggi fosse il risultato di uno sbaglio? Uno sbaglio talmente grosso da influire sulla vostra identità, con tutti gli affetti che vi portate dietro e tutte le caratteristiche del contesto in cui siete nati. E’ questa la domanda che si fa la regista Lorraine Levy, sorella dello scrittore Marc, in questo film che merita attenzione, Il figlio dell’altra.

La storia gira a un tema abbastanza classico, lo scambio di culle. Ciò che rende la pellicola più interessante è il fatto che le culle scambiate sono quelle di due neonati nati in due contesti radicalmente opposti, come quelli palestinesi e israeliani. Le famiglie di Yacin, ragazzo arabo, ma di natura ebrea e Josef, il suo contrario, vengono a scoprire il fatto diciotto anni dopo: vi è la speranza di un avvicinamento tra i due gruppi familiari, ma il conflitto tra le due nazioni è ancora in atto e la loro amicizia sembra appartenere all’utopia più assoluta. O forse no?

Questa produzione multilingua dove si passa dall’arabo all’ebraico al francese senza particolari problemi (sperando che il doppiaggio italiano non faccia disastri) tratta con particolare sensibilità le vicende delle due famiglie, all’inizio sempre distanti, poi piano piano più vicine con uno stile che non si concentra tanto sui disagi delle due nazioni, quanto sul conflitto interiore dei protagonisti i quali appaiono spesso indecisi sul da farsi: occorre per loro credere ancora ai disagi che affliggono i due paesi o cercare di passarli oltre per allargare i propri orizzonti come persona, sperando che anche altri in futuro possano fare così? Si parla di utopia, ma da un certo punto il tono che sceneggiatori  e regista utilizzano per raccontare la storia risulta talmente asciutto e semplice da farci credere di assistere a un evento veritiero. Si finisce dunque per abbracciare una fantasia, un’ideale, almeno nel piccolo contesto familiare.

Ovviamente alla fine rimane il dubbio: ma è veramente credibile una storia del genere? Possono avvicinarsi a tal punto per un errore del destino due famiglie appartenenti a due nazioni in conflitto? Qualche domanda è lecito farsela. Ma la forza del cinema è anche questa: proporci situazioni al limite che possano metterci a confronto con una dura realtà da cui forse è ancora possibile uscire. 

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