Enzo jannacci: quello che…non era come gli altri

ADDIO A UNO DEGLI ARTISTI PIÙ SINGOLARI DELLO SPETTACOLO ITALIANO

E sempre allegri bisogna stare

che il nostro piangere fa male al re

fa male al ricco e al cardinale

diventan tristi se noi piangiam,

e sempre allegri bisogna stare

che il nostro piangere fa male al re

fa male al ricco e al cardinale

diventan tristi se noi piangiam!

La sua voce era inconfondibile. Nei suoi oltre 50 anni di carriera, Enzo Jannacci, dalla musica al teatro fino ad arrivare al cinema, ha collaborato con i più grandi maestri dello spettacolo italiano scrivendo più di trenta album e partecipando a 7 lungometraggi l’ultimo dei quali per la regia di Sergio Castellitto nel 2010. Ha scritto canzoni anche per il cinema e, in particolare, quella per il lungometraggio Pasqualino sette bellezze gli portò una candidatura ai premi Oscar.

Nato da padre pugliese (operaio all’Alfa) e madre lombarda nel 1935, Jannacci aveva una laurea in medicina con specializzazione in cardiopatie infantili.

Ha sempre coltivato la sua passione per la musica che lo ha portato a conoscere artisti dell’ambiente milanese quali Dario Fo e Giorgio Gaber e a solidarizzare con l’incontenibile compagnia cabarettistica del Derby di Milano (Cochi Ponzoni, Renato Pozzetto, Beppe Viola, Massimo Boldi, Teo Teocoli).

All’inizio degli anni ’60 definisce il suo personaggio stranulato negli atteggiamenti, paradossale nelle situazioni, sperimentale e grottesco nella lingua e lo fa con lo spettacolo “Milanin Milanon” (1962), recital a tre voci con Milly e Tino Carraro. Nel 1963 la casa discografica Ricordi raccoglie nell’album Le canzoni di Enzo Jannacci i primi 45 giri del cantautore, da L’ombrello di mio fratello a Passaggio a livello. Nel 1964 è a fianco di Dario Fo nello spettacolo 22 canzoni, dove cantava alcuni pezzi in dialetto milanese, pezzi che sono divenuti una pietra miliare della canzona leggera italiana. 




Jannacci resta un fenomeno dello spettacolo d’élite fino al 1968, quando lancia Vengo anch’io, no tu no, che da anche il titolo al suo primo album per la Rca. Da quel momento arriva la popolarità e l’affetto del grande pubblico che lo accompagna per tutta la carriera.

 


Enzo Jannacci lavorato anche per il cinema sia come autore di canzoni e colonne sonore, sia come attore: nel 1964 esordisce nel film La vita agra di Carlo Lizzani dove canta L’ombrello di mio fratello in un locale dove si ferma il protagonista, Ugo Tognazzi. Compare poi nell’episodio Il frigorifero (diretto da Monicelli) del film Le coppie (1970), ne L’udienza (1971) di Marco Ferreri, in Il mondo nuovo (1982) di Ettore Scola, in Scherzo del destino in agguato come un brigante da strada (1983) di Lina Wertmüller e in Figurine (1997) di Giovanni Robbiano. Ha composto anche numerose colonne sonore, come quelle di Romanzo popolare di Monicelli (1974, insieme a Beppe Viola ha messo in dialetto milanese i dialoghi di Age e Scarpelli a cui ha dedicato la canzone “Vincenzina e la fabbrica”); Pasqualino sette bellezze, (1975) di Lina Wertmüller, per la quale ottenne una nomination all’Oscar; Sturmtruppen (1976); Gran bollito (1977) di Mauro Bolognini; Saxofone (1979) di Renato Pozzetto e Piccoli equivoci (1989) di Ricky Tognazzi.

Da quel momento Jannacci torna come interprete in due pellicole: Figurine (1997) di Giovanni Robbiano e il più recente La bellezza del somaro (2010) di e con Sergio Castellitto, in cui interpreta il ruolo dell’anziano fidanzatino Armando.

Enzo Jannacci è morto ieri sera a seguito di una lunga malattia: c’è chi in fondo al suo cuore ha una pena, chi invece c’ha un altro problema e c’è sempre lì quello che parte ma dove arriva se parte?!! Ciao Enzo!

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