GIORGIO DIRITTI DIRIGE JASMINE TRINCA UNA DONNA IN FUGA DA SE’ ALLA RICERCA DI UNA IDENTITA’ RESTAURATA
Augusta, (Jasmine Trinca) è una giovane donna, la quale, dopo aver vissuto sulla sua pelle una dolorosa vicenda familiare, decide di abbandonare tutto e andare al di là del mondo, sulle sponde del Rio, nella foresta amazzonica, per ritrovare nella semplicità le risposte alle complicazioni della sua esistenza. Augusta, lascia così l’Italia e gli agi della sua vita per intraprendere un viaggio attraverso la ricerca della fede e della sua personalità. Prima accompagna Suor Franca, un’amica della madre, nella sua missione presso i villaggi indios. Qui scopre e non sempre comprende le azioni dei cattolici sugli indios; è per questo, che decide di proseguire il suo percorso da sola, per andare a vivere in una favela. E’ qui che ricomincia a vivere e a sorridere, dimenticando il dolore che le deteriora l’Io, per poi rifugiarsi in una spiaggia incontaminata e sola, ritrova se stessa e l’istinto che le permetterà di continuare a vivere.
Il viaggio, da sempre metafora della ricerca del proprio Io, forse frantumato da un dolore, forse incerto per il suo passato o per il suo futuro, è da Giorgio Diritti, perfettamente rappresentato nel suo ultimo film Un giorno devi andare, mirabilmente diretto nei paesaggi sconfinati dell’Amazzonia.
“Ritrovare il valore della vita nella semplicità”. Così Giorgio Diritti alla conferenza stampa romana del film di questa mattina, ha voluto spiegare il pretesto e al contempo il fulcro del film e la lezione che egli ha voluto regalare ai suoi spettatori.
Diritti da dove nasce il progetto di Un giorno devi andare?
GIORGIO DIRITTI: “Tutto nasce dalla mia necessità di fare un film sul senso del viaggio. Non il viaggio turistico, ma quello che dipende dall’esigenza di intraprendere un cammino diverso dalla propria vita, che è quello che con coraggio e ostinazione compie Augusta. Il viaggio ti porta a scoprire te stesso e le emozioni che sai provare, è l’occasione per trovarsi di fronte a situazioni che ti costringono a prendere decisioni perché ci sono delle priorità. E, mai come ora, penso che questo tema sia attuale e non solo per la crisi economica, morale, psicologica. Penso, soprattutto, che dopo anni di promesse, di consumismo esasperato, abbiamo ottenuto tanto – mi riferisco, ad esempio, al campo tecnologico o scientifico – ma tutto ciò non ha fatto in modo che il vuoto che ci portiamo dentro, l’angoscia che sentiamo nella nostra vita, svanisca. Anzi, a mio avviso, li ha resi ancora più forti. Perché siamo tutti più soli ed ingabbiati nelle nostre abitudinarie esistenze. Il viaggio ti deve dare la capacità di riuscire ad osservare, guardare – soprattutto nel caso del mio film ambientato in un mondo così lontano dal nostro – senza che intervenga alcun giudizio o comparazione con la vita che hai lasciato. Solo attraverso questo cammino saremo in grado di recuperare il nostro primitivo bisogno di vivere, smantellando ogni meccanismo complicato e lasciando il posto all’amore, alla creatività, alla pienezza per colmare finalmente i vuoti che sentiamo. Con questo non voglio dire che occorre andare in Amazzonia per compiere questo viaggio, può bastare anche passeggiare per Roma. E’ lo sguardo che deve cambiare”.
Nei suoi film le donne hanno sempre avuto un ruolo centrale e predominante, rispetto al maschile. Perché?
G.D.: “Troppo spesso si racconta di uomini dal senso forte dell’orgoglio che portano a disastri e guerre. Invece la donna è naturalmente accogliente, il tempio della vita”.
Jasmine Trinca questa è stata sicuramente un’esperienza unica e forse anche faticosa, ci puoi raccontare di questa avventura?
JASMINE TRINCA: “Nonostante quanto si possa percepire nel film, non è stato così faticoso a livello fisico. Mentre a livello umano devo dire che è stato un film diverso e unico rispetto a tutti i miei precedenti. Abbiamo girato a Manaus in Brasile e in favelas vicino dove gli Indios vivono in condizioni di grande miseria. Il mio approccio e quello della troupe non poteva quindi che essere il più aperto possibile, al dialogo e alla comprensione mostrando tutto il mio rispetto nei loro confronti. Inoltre il popolo con cui abbiamo avuto a che fare è stato così felice di accoglierci che per noi è stata quasi una passeggiata. Grazie a loro, così felici di recitare per la prima volta, senza aver mai visto un film, ho imparato a riconoscere il grande valore della vita nella semplicità, proprio come accade ad Augusta”.
Qual è, secondo te, il senso del film che interpreti?
J.T.: “Un giorno devi andare è un film sulla vita. Ognuno di noi può avere la sua strada, c’è chi lo trova nella ricerca di Dio, chi nell’aiutare gli altri, chi non si pone nemmeno la domanda. Lei parte da un’assoluta incapacità di comprendere se stessa e di trovare risposte al suo dolore. È attraverso il viaggio, la fede, le persone, l’isolamento e un bambino che le corre incontro solo per abbracciarla e tornare dalla sua famiglia, che arriva a percepirlo. Forse quello che è stato più duro, è che non avevo mai avuto così tanto tempo per pensare e comprendere anche io me stessa, la mia vita, la mia figlia di quattro anni, e questo è stato un regalo immenso. Noi non ci fermiamo mai, quindi i nostri pensieri sono sempre la ripetizione di qualcosa di già conosciuto, non siamo in grado di guardare con occhi nuovi, diversi perché non ci diamo il tempo”.
Diritti questo film nasce da un precedente documentario che lei aveva già fatto sull’Amazzonia, che cosa l’ha colpita maggiormente degli Indios di Manaus?
G.D.: “Quello che mi ha sempre colpito e impressionato è che il bene del singolo dipende dal bene della comunità. La loro vita è difficilissima e di certo non sono immuni dal progresso, dal capitalismo, che in continuazione cerca di spedirli in casette prefabbricate che sembrano dei campi di concentramento. Senza poi parlare di chi sfrutta la bellezza di quel luogo per far nascere hotel e resort di gran lusso. Quindi anche molti di loro sono attratti dal potere del Dio Denaro e dal progresso ma la maggior parte crede nel valore della comunità e non vuole perderlo. Si conoscono tutti e vogliono vivere insieme, vi è un’apertura, un’accoglienza, un calore, una felicità, un riconoscimento del valore di ogni singolo giorno, che noi non riconosciamo più”.
Accolto con entusiasmo di pubblico e critica al Sundance Film Festival, unico film italiano tra i selezionati, il film ha già riscosso l’attenzione di Australia, America Latina e Nord America per vendite che dovrebbero essere perfezionate al mercato di Cannes. “E’ un film d’immagini e di sentimenti, una scommessa”, afferma Lionello Cerri, produttore della pellicola, Un giorno devi andare arriverà al cinema il 28 marzo in un centinaio di copie.