ADDIO AL CALIFFO CANTANTE E AUTORE DI SUCCESSO PRESTATOSI, PIÙ VOLTE, AL GRANDE SCHERMO
L’ultimo saluto è stato oggi alla Chiesa degli artisti di Piazza del Popolo a Roma città in cui ha sempre vissuto e che ha portato nell’anima e nel suo forte accento. Il cuore di Franco Califano ha smesso di battere lo scorso 30 marzo dopo 74 anni di vita, eccessi, musica e splendide parole.
Tutto il resto è noia è il titolo della canzone più conosciuta nonché slogan di un’esistenza intera, la sua: nato il 14 settembre del 1938 in un aereo che sorvolava il cielo libico, allora colonia italiana notte è stata, fin dalla giovinezza di Califano, il suo giorno tra la boxe e la dolce vita dei Club di via Veneto.
Il Califfo esordì nel mondo dello spettacolo attraverso i fotoromanzi in cui interpretava quasi sempre il ruolo dell’antagonista per poi accostarsi al mondo della canzone e della poesia firmando i suoi primi straordinari testi Da molto lontano per Edoardo Vianello e E la chiamano estate per Bruno Martino.
Nel 1963 il Califfo esordisce dietro la macchina da presa nel lungometraggio Sciarada alla francese di Michel Boisrond, ma in pochi se ne ricorderanno perché il suo ruolo nella vita diventò quasi da subito quello di acclamato autore di canzoni e di malinconia.
Solo nel 1983, a 20 anni dalla primo approccio al cinema, Califano torna sul grande schermo con il film di Mariano Laurenti, Due strani papà considerato ancora oggi un cult della commedia all’italiana che racconta le vicende di Alberto (Pippo Franco) e Franco (Franco Califano), due squattrinati che dividono una casa per l’infanzia disabitata da molto tempo e un giorno davanti alla loro casa, viene abbandonato un neonato di colore e, dopo i primi tentativi di disfarsene, finiranno per affezionarsi e tenerlo.
Venti anni di distanza tra il suo primo e il suo secondo ruolo nel cimena vissuti tra alti e bassi e nei quali la figura del cantautore viene giudicata e considerata “controcorrente” nel senso più negativo della crasi, per il suo essere sempre al centro della cronaca e per i suoi numerosi vizi e frequentazioni fino all’arresto, nel 1970, per possesso di stupefacenti.
Uscito dal carcere Califano riesce comunque a conquistare di nuovo il pubblico attraverso le sue canzoni. La stampa e la critica lo appelleranno, a ragione, il “Prévert di Trastevere”, “il Brel romanesco” o “il Pasolini della canzone”.
Proprio nel 1983, però, Franco Califano finisce di nuovo in carcere per detenzione di stupefacenti e porto d’armi abusivo ma, cinque anni dopo, nel 1988 torna di nuovo alla ribalta grazie al Festival di Sanremo.
Nel 1991 sarà ancora attore nella miniserie Il ritorno di Ribot (1991).
Nel 1998 il cinema lo chiama ancora per Viola bacia tutti di Giovanni Veronesi, nel ruolo del padre di Samuele, interpretato da Valerio Mastandrea. Una delle sue ultime apparizioni al cinema risale al 2008 in Questa notte è ancora nostra per la regia di Paolo Genovese e Luca Miniero, dove interpreta un manager senza scrupoli. Nel 2011 è nel documentario di Stefania Veneruso, Noi di settembre.
Proprio lui che frequentò le scuole serali perché non riusciva a svegliarsi la mattina, reduce da notti brave, riceve una laurea honoris causa in Filosofia della New York University.
È scomparso quindi il vizioso e controcorrente filosofo dell’amore, della malinconia e della vita che scrisse, tra le altre cose: se avessi sbagliato le volte che han detto, direi col coraggio che ho dentro “lo ammetto”. Se mi vestissi da uomo pietoso, sarei meno odiato ma mi sentirei uno schifoso. Se fossi un ruffiano mischiato ai ruffiani… Ma vivo una vita che va come il vento, di ciò che faccio non mi pento, e passo il mio tempo scrivendo poesie, amando le mie malinconie, sogno le strade che portano al mare, chi è prigioniero invece muore, io sono un uomo che è stato tradito e per questo ora resto da solo, per certi pentiti per falsi poeti sarò solo.