Il cecchino: incontro col cast

MICHELE PLACIDO: NANNI MORETTI AVREBBE IL RIGORE GIUSTO PER FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA

In Italia c’è povertà di idee e di mezzi a differenza di francesi e spagnoli. Dovrebbero essere i 100autori a proporre nel nostro Paese di fare qualcosa come è stato per il Valle occupato. È mai possibile che dell’attuale ministro della Cultura, Lorenzo Ornaghi, non si sappia nulla? È come invisibile, io non sapevo neppure se fosse maschio o femmina. Eppure speravamo che con l’arrivo di Monti arrivasse un vero tecnico. Anche se va detto che quando c’era Sandro Bondi era un disastro completo, era ancora peggio”. E poi azzarda: “Secondo me Nanni Moretti sarebbe una persona capace di fare il ministro della Cultura perché ha gusto e rigore”.

Esordisce così l’incontro con la stampa di Michele Placido che ha presentato oggi a Roma la sua ultima opera in veste di cineasta, Il cecchino.

Già presentato al settimo Festival Internazionale del cinema di Roma il lungometraggio del regista di Romanzo Criminale in questo suo nuovo lavoro, che lui stesso definisce la versione francese del suo più noto film tratto dal romanzo di Giancarlo De Cataldo, racconta la storia della caccia all’uomo del commissario Mattei in seguito a una sparatoria, per mano di un cecchino, che ha ucciso molti dei suoi uomini.

Del cast del film fanno parte, oltre che allo stesso regista, Daniel Auteuil, Fanny Ardant, Luca Argentero, Violante Placido e Mathieu Kassovitz.

Placido è per questa mancanza di idee e di mezzi che ricomincia a dirigere proprio da qui, da un film girato in Francia e di cui nulla ha scritto?


Non è una scelta, mi hanno chiamato per farlo , io ho detto di sì e ho girato un film di cui non ho scritto una riga. Non si tratta di lamentarsi, si tratta di adattarsi, è chiaro che mi hanno chiamato perché mi conoscono da Romanzo criminale che è molto piaciuto in Francia. Quando mi hanno chiamato avevo altri due-tre progetti francesi e ho scelto questo perchè è più vicino al genere di cinema che amo. E’ un po’ il mio Romanzo Criminale francese.

Significa che si sente un migrante Michele Placido? Significa che va dove lo porta il lavoro?


Da anni c’è autocensura da parte degli autori in Italia che sono oggi troppo poco concentrati sulle storie del nostro paese. Io lavorerei molto più volentieri in Italia se ci fosse più attenzione alla realtà del nostro paese.

E che film farebbe qui se potesse?


L’ho detto e lo ridico. Farei ancora un film su Dell’Utri se me lo facessero fare, per cercare di capire quali sono le motivazioni per cui i giudizi lo hanno condannato. Se arrivassero dei segnali, se ci dessero dei soldi per fare film sulla nostra storia, sarebbe un segnale importante per i giovani. Ci sarebbero tantissimi progetti che mi piacerebbe realizzare in Italia e portare avanti con lo stesso ardore di Romanzo Criminale, se pensiamo ad esempio alla cronaca giudiziaria e politica del paese ed ai legami tra Stato e mafia ce ne sarebbero di storie mai raccontare da portare sul grande schermo. Io sono pronto a mettermi in gioco ma in questo momento vige ancora una sorta di autocensura da parte degli autori italiani, è come se aspettassero dei segnali di apertura per poter entrare più dentro alla Storia del nostro paese. D’altra parte la Francia ci ama, non vedo perché non cominciare a riflettere e programmare una collaborazione, una cinematografia italo-francese. Anche perché sono in Italia momenti davvero difficili.

Ma quanto ha amato i più ambigui personaggi di questo film?


Molti pensano e me lo hanno sempre detto che mi senta più vicino ai personaggi che sbagliano ma io so capire sia i personaggi negativi che quelli nobili perché ho imparato tutto da autori come Dostoevskij che trattano le passioni e i grandi misteri dell’anima, mi hanno influenzato profondamente. Credo di aver imparato a rispettare tutti gli esseri umani. Questo è il retaggio della mia cultura cristiana e non cattolica, ci tengo a sottolinearlo.

E che cosa ha significato lavorare con Daniel Auteil?


È stato un fattore decisivo per il bene del film. Daniel ama molto il cinema italiano e la cucina italiana, che come sapete sono due passioni che altrettanto mi contraddistinguono. Abbiamo mangiato e cucinato molte volte a casa sua a Parigi, discutendo di cinema. Parlavamo di Melville, Sautet, e Audiard.

E anche gli attori (italiani), dal canto loro, ringraziano…

Luca Argentero: La chiamata di Michele è stata come una chiamata alle armi  perché io so che dopo che lavori con lui non sei più la persona che ha cominciato. La chiamata è venuta a pochi giorni dall’inizio del film e avrei detto di sì anche se mi avesse detto di fare il pescivendolo rumeno. Qui era persino un’offerta esaltare perché credo che qualsiasi attore della mia età non vede l’ora di poter impugnare una pistola, per non dire del lavorare con Daniel Auteil o Kassovitz”.

Violante Placido: Per me avere la possibilità di confrontarmi con un’altra lingua, con attori straordinari, col cinema francese e di nuovo con mio padre sul set è stato straordinario. Con mio padre ho in comune approccio istintivo e viscerale, quando ci vedono parlare spesso sembra che litighiamo e invece no. Sul set è lo stesso e anche Kassovitz è sanguigno, istintivo e ci siamo lasciati travolgere, mentre Auteil ti mette a suo agio  è molto calmo e poi sprigiona la sua forza magnetica.

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