ALESSANDRO GASSMAN PRESENTA IL SUO ESORDIO ALLA REGIA COL CAST DEL FILM
Girare un film in bianco e nero sulle periferie romane per puntare al pubblico dei giovani non sembra proprio una scelta ideale. Eppure sembra proprio questa l’intenzione di Alessandro Gassman, che con la sua opera prima da regista Razzabastarda offre un lucido quanto amaro ritratto di una famiglia rumena alle prese con una difficile integrazione nel terreno poco fuori della Capitale. Pur partendo da uno spettacolo teatrale ispirato alla piece teatrale Cuba and his Teddy Bear di Reinaldo Povod, l’opera sembra ricalcare l’onda de L’odio di Kassovitz.
Per un certo periodo Gassman si è allontanato dal cinema per fare il regista teatrale (a breve dovrebbe cominciare pure Riccardo III), ma adesso questo nuovo progetto, dal 18 aprile nelle sale, potrebbe dare vita anche alla nuova carriera di regista cinematografico per l’attore di Caos calmo che introduce così la conferenza:
“Con Amnesty International abbiamo portato lo spettacolo teatrale su cui è basato il film in tutta Italia. Volevamo parlare del periodo di forte immigrazione che sta vivendo il nostro paese da anni e ben presto abbiamo sentito l’urgenza che anche il cinema doveva parlare di questo. Con Razzabastarda parlo di rumeni e di gente che fa sbagli su sbagli, arrivando a situazioni violente e cupe con cui potevo colpire direttamente lo spettatore.”
L’agente di Gassman Cristiano Cucchini si è rivelato per l’occasione un produttore sagace: “Mi sono innamorato di questa storia. Si tratta di film molto graffiante, con elementi sentimentali e un grande amore, che talvolta porta le persone verso ‘il lato negativo’. […] Il direttore della fotografia Federico Schlatter aveva pensato al Bianco e nero per raccontare questa storia di forti contrasti. Io all’inizio mi ero spaventato molto, ma alla fine mi sono reso conto che era la scelta migliore. Non l’avrei voluto diversamente e il film mi fa ancora un po’ male quando lo vedo.”
Anche l’altro produttore Massimiliano Lodovini è rimasto molto ammirato dal risultato compiuto: “Abbiamo avuto molte difficoltà per questo film. Per quanto mi riguarda fare questo secondo film da produttore con una persona come Gassman mi ha insegnato come fare film. Ha tenuto 50-60 persone benissimo, non si sentiva affatto la pressione di un set cinematografico.”
Alessandro Gassman continua a dire la sua sull’importanza del progetto, diverso da altre opere dichiaratamente commerciali che il nostro cinema oggi propone: “Io mi auguro che chi ha creduto in questo film venga ripagato in tutti i modi. Coloro che hanno fatto il film fanno cinema da tanto e hanno vinto premi, ma hanno accettato di farsi ridurre il proprio compenso proprio perché credevano in quest’operazione efficace che poteva accrescerci come artisti.”
“Per quanto riguarda il futuro io ho in mente due storie che vorrei raccontare da regista in futuro. Mi auguro che succeda. E’ un mestiere che mi sento vicino, perché da attore ho conosciuto molto dei set. Ma ho imparato con Marco Spoletini anche il lavoro del montaggio: mi ha insegnato che levare talvolta è meglio di aggiungere.”
Infine Gassman nel suo carnet di influenze cinematografiche tira fuori un nome che in pochi si sarebbero aspettati: “Larry Clark lascia un grande malessere allo spettatore che viene spinto a pensare a determinati argomenti. In questo caso volevamo lasciare un disagio nello spettatore, parlando di tematiche quali l’integrazione e il razzismo. Ma anche il rapporto filiale è molto importante. Il figlio nel film non se la sente di seguire il padre, anche perché questo è un analfabeta. Il personaggi di Talebano (interpretato da un grande Sergio Meogrossi, ndr) parla invece un italiano forbito, pensa all’arte ed è in pratica un Lucignolo moderno che porta il ragazzo in un mondo più pericoloso di quello che magari il padre gli avrebbe dato.”
Toccante risulta la testimonianza di una delle attrice rumene del cast, Madalina Ghenea, che nel film ricopre l’importante ruolo di Dorina.
“Sono andata via a 14 anni dalla Romania, con la speranza di aiutare la mia famiglia: sono tra le poche fortunate che siano riuscite e sono contenta di essere riuscita a far parte di questo cast. Molte volte ci si ritrova in strada, come nel caso di Dorina e gente del genere non riesce più a vivere una vita normale.”
Gassman dice di lei: “Madalina è stata straordinaria. Ha fatto commedie, è una modella internazionalmente riconosciuta e il suo talento in questo lavoro è stato incredibile. Ma ora smettila con queste passerelle, dai basta…”
Nel cast spicca il giovane Giovanni Anzaldo, alla prima prova importante. “Mi hanno dato questa grande opportunità: non è facile fare il protagonista quando si è sconosciuti. E’ stato bello, in particolare ho lavorato sull’insicurezza: per chi fa l’attore, lavorare sulle debolezze umane è sempre interessante. Il personaggio di Nicu ha un amore sconfinato nei confronti del padre e dello zio, ma poi viene trascinato da Talebano in un mondo losco”
Una delle attrici più mature, Nadia Rinaldi spera che il film incontri il favore del pubblico “Io spero che molti ragazzi vedano questo film che è di grande insegnamento. Ha un retrogusto un po’ amaro, ma lo consiglio a tutti, ed è bene che non sia stato vietato. La drammaticità che ci unisce in questo momento è molto simile alle situazioni dei nostri personaggi.”
Riguardo gli atteggiamenti e i modi di parlare del suo personaggio, Roman, Gassman ci illumina.
“Ci sono volute tre stagioni di tempo per preparare assetto fisico e parlata con lo spettacolo teatrale. Io e gli altri ‘finti rumeni’ abbiamo ascoltato quello che è diventato un vero e proprio accento, visto che questa comunità supera il milione e mezzo di persone in Italia. I rumeni imparano l’italiano, poi prendono l’accento della loro città: il rumeno romano ad esempio è diverso dal rumeno milanese. Noi parliamo del primo. Io, per capire come dovevo parlare, ho interagito molto con gli operai del mio bagno (…) che erano rumeni romani. Anche i trasportatori dello spettacolo teatrale appartenenti a questi comunità appartenevano a questa comunità e si sono commossi per la nostra opera. […]Quanto allo stile, il film non è iperrealista, è ‘impressionista’, è una mia visione dove non poteva mancare una frazione di commedia all’italiana per allentare la tensione. Ma per tutto il film siamo quasi su una lunga caduta di una montagna russa: ci sono i momenti in cui si ferma un attimo e poi si ritorna a cadere. Non mi interessava attaccarmi troppo alla realtà. Credo alla fine sia più interessante così.”