L’OPERA MENO SPIRITUALE DI TARKOVSKIJ, MA CARICO DI SENSAZIONI E SENTIMENTI SEMPLICI
La formazione artistica di Andrej Tarkovskij è stata piuttosto lineare: completa gli studi in una scuola di cinema e dopo qualche anno realizza “L’infanzia di Ivan”, il suo primo lungometraggio: il più breve (tranne una, le altre pellicole superano le due ore di durata), il più movimentato (l’andamento lento dei film di Tarkovskij è leggendario) e anche il più musicato; l’autore approccia alla forma lunga sperimentando e costruendo un’opera bellissima, anche se lontana dalla sua produzione futura.
A dodici anni Ivan ha già esperienza sul campo di battaglia: con i partigiani prima e con il regolare esercito sovietico poi. Elabora strategie di guerra molto preziose e il colonnello Grjaznov e il capitano Kholin lo stimano come un soldato adulto. Combattendo lungo la così detta “linea Stalin”, Ivan finisce per sbaglio nella zona del tenente Galtsev che si unisce ai suoi superiori in una battaglia sulle rive del fiume Dnepr…
Si tratta di un film incredibilmente moderno che risente dell’epoca in cui è stato girato: gli inizi degli anni ’60 sono infatti per il cinema occidentale (e non solo) un periodo importante e di grande vivacità artistica. Tarkovskij non si è mai ritrovato nello stile classico e il suo primo film ce lo dimostra: siamo ancora molto lontani dai lunghi (e lunghissimi) piano-sequenza che contraddistinguono il suo stile unico, ma in “L’infanzia di Ivan” vediamo già carrellate, sguardi in macchina e soggettive decisamente anticonvenzionali.
La storia, diversissima da quelle che Tarkovskij affronterà nei film successivi, è carica di un sentimento politico forte che riempie gli animi (nostri e dei personaggi) e che si contrappone in modo netto al vuoto lasciato dal conflitto nella vita dei civili. Il senso di desolazione ci viene mostrato molto bene dall’autore in una scena struggente durante la quale Ivan attraversa un villaggio distrutto: una breve sequenza senza tempo che veicola un messaggio molto chiaro e sempre attuale.
Un bianco e nero netto alla maniera degli espressionisti evidenzia le ombre dei personaggi, grandi e incombenti come la possibilità di morire da un momento all’altro sotto il fuoco nemico. La bellissima fotografia di Vadim Yusov contribuisce perfettamente a costruire un’atmosfera di continua tensione e inquietudine, un’angoscia fortissima che non abbandona mai i personaggi e i luoghi scuri e tetri in cui si muovono.
“L’infanzia di Ivan” è il film meno spirituale di Tarkovskij, il più carico di sentimenti e sensazioni “semplici” e proprio per questo è forse il più diretto e il più incisivo. È soprattutto un film di guerra ma affronta l’argomento in modo molto sottile: non cerca di strappare la lacrima a tutti i costi ma riesce a toccare il cuore molto più di altre pellicole “iperdrammatiche”. I soldati di Tarkovskij non sono eroi, non c’è nulla di glorioso nella loro esperienza al fronte: sono uomini tristi e per niente fieri di quello che stanno facendo. Sono umani, in fondo.
Fabiola Fortuna