Sono un pirata, sono un signore: recensione

FIN DAL TITOLO SI PUO’ INTUIRE L’INTENZIONE DEL REGISTA-ATTORE EDUARDO TARTAGLIA: FREGARE GLI SPETTATORI

GENERE: Commedia

USCITA: 18 aprile 2013

Ormai ci si è fatta l’abitudine: in Italia escono ogni anno delle commedie che dovrebbero far ridere un grande pubblico, finendo invece per essere un insulto all’intelligenza dello spettatore. In America c’è il filone trash delle parodie –da Treciento a Disaster Movie– che forse è pure peggio, ma rimane comunque impossibile pensare che ci siano delle intenzioni serie dietro una pellicola come Sono un pirata, sono un signore, se non quella di fregare i soldi dello spettatore.

La storia sembra rifarsi a quella del recente Captive di Brilliante Mendoza, in cui un gruppo di occidentali viene rapito dai ‘pirati’: in quel caso erano filippini, qui sono africani. Le affinità finiscono qua, visto che il primo è un dramma tra i più intensi che il cinema asiatico ci abbia offerto negli ultimi mesi, il secondo è un’accozzaglia di stereotipi che farà storcere la testa a molti.

Il tema principale su cui sembra girare la pellicola è il conflitto tra romani e napoletani, su cui il regista e attore Edoardo Tartaglia propone un avvicinamento. Sembra di trovarsi quasi in un film western, in cui questi mondi vengono presentati fin dall’inizio come radicalmente opposti, come se i protagonisti fossero un cowboy e un indiano. Ma questo è niente: la cosa particolare è che Tartaglia in quanto regista e co-sceneggiatore cuce su di sé, napoletano Doc, delle gag talmente stereotipate sul modo dei fare dei campani che paiono scritte da un leghista: anche la sua spalla femminile quando recita in dialetto fa di tutto perché lo spettatore, colto da un grosso fastidio, faccia di tutto per abbracciare l’ideologia di Umberto Bossi.

I momenti che fanno scoccare il sorriso non mancano: se Francesco Pannofino nei panni del pacioccone di turno non va’(meglio quando fa l’irrimediabile cinico come in Boris), l’interpretazione di Maurizio Mattioli funziona e il cameo di Francesco Paolantoni è da applausi, confermandoci l’idea che l’attore napoletano dovrebbe tornare presto al cinema in panni più consistenti. La cosa paradossale è che le scene più divertenti sono quelle in cui i protagonisti si confidano l’uno con l’altro parlando di sentimenti, finendo per costituire una sorta di C’è posta per te (non il film) all’interno della pellicola. Se dunque Tartaglia è il nuovo esponente di punta della comicità napoletana, c’è dunque da preoccuparsi seriamente per l’andamento della cultura presso i nostri ‘cugini’ partenopei…

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