Cannes 66: All is lost – recensione film

J.C. CHANDOR GRAZIE ANCHE A UN ROBERT REDFORD IN OTTIMA FORMA CREA UNA NUOVA TIPOLOGIA DI NAUFRAGO ANTIEROE

L’uomo può essere ucciso ma non sconfitto scriveva Hemingway nel suo Il vecchio e il mare nel 1952 e molto di quel capolavoro letterario lo ritroviamo nel secondo film, dopo Margin call, di J.C. Chandor.

Un uomo alle prese con l’Oceano Indiano dopo lo speronare della sua barca. Quell’uomo è Robert Redford straordinario e assoluto protagonista, insieme al mare, di All is lost.

In letteratura e al cinema non è una novità incentrare una storia su un naufrago e l’ultimo, in ordine di tempo, è Pi Patel protagonista di Vita di Pi e il film di Chandor qualcosa in comune con il lungometraggio di Ang Lee, regista premio Oscar, ce l’ha sia dal punto di vista musicale, sia per la straordinaria realizzazione delle scene di tempesta ma per il resto il naufrago Redford è molto di più.

La strada che il cineasta prende per narrare le avventure di Robinson Crusoe Redford è quella del realismo ottenuto tramite l’uso, praticamente costante, della soggettiva. Il regista porta lo spettatore letteralmente a immergersi nel naufragio che colpisce il protagonista con un uso della camera razionale e attento.

D’altra parte Robert Redford in questo film, totalmente privo di dialoghi, porta a casa una grandissima interpretazione: seguito sempre dall’occhio della camera mai invasivo ma sempre vigile lo vediamo presente a se stesso in ogni momento. Lui pensa e agisce e non scomoda, come i suoi colleghi Pi o Crusoe, preghiere e lacrime.

Un altro particolare che rende la storia più avvincente e catartica è il fatto che il pubblico del protagonista non sa nulla: non c’è un passato, non c’è un futuro c’è solo quel presente privo di particolari e di introspezione che non sia legata al momento che sta vivendo il naufrago e questo lo rende uomo tra gli uomini.

All in lost è un film notevole che riesce a dar vita a una nuova figura di antieroe diversa da quella a cui eravamo abituati in quanto totalmente priva di dramma personale ma forte di un dramma razionale perfettamente sceneggiato.

Un’opera seconda che sembra essere girata da un cineasta di grande esperienza e che consacra J.C. Chandor come regista di altissima qualità.

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