Il tocco del peccato: recensione film

LA NUOVA SPIAZZANTE OPERA DI JIAN ZHANG-KE

il_tocco_del_peccato_locandina_itaGENERE: drammatico

DATA DI USCITA:

DURATA: 133′

VOTO: 3,5

Esistono registi che sanno stupire e questo lo ha dimostrato col suo ultimo lavoro Jia Zhang-ke il regista cinese di Still life vincitore del Leone d’oro nel 2006 alla Mostra Internazionale del cinema di Venezia.

Con A touch of sign il cineasta che è sempre stato re di un certo stile registico si lascia andare a scene di azione, a una buona dose di ironia e a tanto, forse troppo sangue, il tutto coronato dalla bellezza della fotografia di Yu Lik Wai.

Muovendosi in quattro diverse città del suo paese il regista racconta altrettante storie: Dahai, un minatore arrabbiato, si ribella contro la corruzione dei capi del suo villaggio scoprendo quante possibilità un’arma da fuoco può dare. Zhou San, lavoratore immigrato, torna a casa per capodanno ma vuole immediatamente andare via. Xiau Yu, una receptionist, viene portata all’esasperazione dall’aggressione di un cliente della sauna per la quale lavora. Xiau Hiu, operaio giovanissimo, continua a cambiare lavoro per rendere migliore la sua esistenza.

Se il primo episodio risulta essere del tutto macchiettistico e pregno di una violenza eccessiva e in gran parte gratuita, già nel secondo racconto la pellicola incomincia a ingranare trovando la sua ragion d’essere negli ultimi due capitoli in cui finalmente si riconoscono i temi cari al regista e in cui la critica alla società cinese, corrotta e violenta, si palesa con classe e forza.

È proprio nelle ultime due parti del lungometraggio che ritorna la coerenza di Jia Zhang-ke, coerenza che lo rende riconoscibile al pubblico sia attraverso le tematiche che affronta sia per quanto riguarda l’eleganza registica.

Nonostante l’inizio che, seppur sanguinoso e violento, non ingrana immediatamente A touch of sign è un film formalmente perfetto nel quale il binomio tra il lento movimento di macchina e scene il puro action convivono benissimo.

L’impero cinese e la sua immensità hanno delle gravi falle che Jia Zhang-ke mette in mostra con una sincerità che alla fine, seppur con momenti non ottimi, premia l’intero lavoro.

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