Venere in pelliccia: recensione film

ROMAN POLANSKY TORNA A RENDERE IL CINEMA TEATRO IN UN’OPERA AUTOREFERENZIALE, IRONICA ED ELEGANTE

venere-in-pelliccia-locandinaGENERE: comico

DATA DI USCITA: 14 novembre

DURATA: 96′

VOTO: 3,5 su 5

Nel 1870 Leopold von Sacher-Masoch scrisse quello che poi nella storia della letteratura è diventato un vero e proprio capostipite della subcultura sadomaso, nonché un geniale romanzo erotico, La venere in pelliccia.

La storia di sesso e sottomissione tra Severin e Wanda von Dunajew è stata spesso presa in prestito dal cinema e dal teatro sia per  vere e proprie trasposizioni, sia come spunto per tutt’altro tipo di narrazione, come nella pièce teatrale di David Ives che racconta del regista e sceneggiatore teatrale Thomas il quale, ormai sfinito dalla ricerca della perfetta Wanda del libro di van Dunajev dal quale ha tratto un’opera teatrale, sta per rinunciarvi quando finalmente entra lei: un vero vortice di esuberanza, eccentricità, carica erotica nonché omonima della protagonista.

Vanda in realtà ha in sé tutte le caratteristiche che Thomas fino a quel momento ha scartato ma la bellezza, la sensualità e la preparazione della donna divengono per il regista una vera e propria ossessione.

Come nel caso dell’ultimo suo lavoro, Carnage, Roman Polansky punta su un’opera teatrale,  proprio quella di David Ives che col cineasta ha scritto a quattro mani la sceneggiatura di questo film, per il suo nuovo lungometraggio La Venere in pelliccia girato in un solo ambiente e in una sola unità di tempo che vede stavolta solo due protagonisti Thomas (Mathieu Amalrice) e Vanda (Emmanuelle Seigner).

Il lungometraggio è un’opera altamente autoreferenziale del cineasta franco-polacco che nel personaggio di Thomas mette moltissimo di se stesso con una forte dose di autoironia che tocca principalmente il suo l’orgoglio e le sue fragilità.

Come nel già citato Carnage il cineasta dunque torna a rendere il teatro puro cinema facendo funzionare ancora una volta l’esperimento grazie alle sue capacità tecniche che lo confermano detentore di un grande talento che il tempo non affievolisce.

Senza stacchi di montaggio, girato tutto in tempo reale con la camera perennemente puntata sui due protagonisti che danno una prova di recitazione notevolissima, in particolare è inopinabile la bravura di Emmanuelle Seigner moglie di Polansky che si divide tra le due Vanda quella persona schietta e volgare e quella personaggio più dolce e dominante, vediamo nascere e crescere il rapporto tra regista e attrice ma anche tra uomo e donna: ruoli che se inizialmente sono ben divisi con l’andare avanti del film si fondono come il nome di lei che funzionalmente si confonde con quello di chi deve interpretare.

Le luci e le ombre, che insieme alla musica sono parte fondamentale di questo lungometraggio, aiutano a catturare lo spettatore che entra in contatto immediatamente una pellicola permea, con l’andare avanti del tempo, di sensualità raffinata sfociando in un’elegante danza finale dove la bellezza estetica delle immagini e i brividi la fanno da padroni.

 

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