Cannes 66 – Salvo: recensione film

IL MIRACOLO D’ESORDIO DEL DUO GRASSADONIA/PIAZZA

È li dove la terra è calda, dove la malavita è talmente tangibile che sembra si possa sentire al tatto. È li, tra Palermo e la campagna di Enna, dove sembra che tutto, tranne qualcosa di miracoloso, possa avvenire: è li che, invece, accade il miracolo. Grazie alla fantasia e alla verve registica del neo duo del grande schermo composto da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza a Rita (Sara Serraiocco), una ragazza non vedente, viene mostrata la luce e i contorni di ciò che non ha mai potuto ammirare: il mondo.

Ciò accade non per il volere qualche santo, anzi, ma per merito di un killer di mafia (Saleh Bakri) che a causa di un regolamento di  conti vuole uccidere il fratello della ragazza imbattendosi invece in lei e tentando di rivalersi sulla sua vita, se non fosse che proprio in quel momento Rita riacquista la vista.

Il film non ha un genere ben preciso in cui collocarsi ma varia dal noir al thriller senza tralasciare barlumi di grottesco. La regia di Piazza e Grassadonia, che sono anche gli sceneggiatori della pellicola, è un’ottima prova soprattutto nei momenti d’azione. La fotografia di Daniele Ciprì da un tocco di classe al lavoro soprattutto nella parte iniziale, girata tutta in scarni interni.

In alcuni punti il film risulta essere prolisso e forzate, in altri sembra quasi di essere spettatori di un gangster all’italiana. Nonostante alcune ingenuità, il cambio continuo di registri, quasi tutti ben gestiti, fa di Salvo un coraggioso, pretenzioso e importante film d’esordio.

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