DAL ROMANZO DI FRANCIS SCOTT FITZGERALD AL FILM DI BAZ LUHRMANN
Nessuno meglio di Baz Lurhmann avrebbe potuto portare sul grande schermo la vivacità degli anni 20’, o almeno questa era l’opinione dei più prima di vedere la trasposizione firmata dal cineasta di Il grande Gatsby il romanzo di Francis Scott Fitzgerald.
Se l’eccesso e l’eccentricità sono sempre state il marchio di fabbrica di Lurhmann, in questo caso le sue stesse qualità registiche gli si sono rivoltate contro in un film decisamente pacchiano dove la ricostruzione minuziosa di scenografie, ambienti e abiti non salva l’insieme dell’opera.
Il grande Gatsby è il romanzo americano per eccellenza. È il romanzo dove dell’età del jazz, degli anni ruggenti, vengono messi in mostra soprattutto le contraddizioni, il vittimismo e la tragicità. Il libro è una critica alla società dell’epoca e non una loro esaltazione contornata da un menage a trois, come appare nel libro di Luhrmann.
La trasposizione del romanzo, però, al di là del fatto che è lontana anni luce dal fulcro letterario, psicologico e polemico del libro ha alcuni punti a suo favore: prima di tutto gli attori. Il viso di Leonardo Di Caprio, i suoi sguardi, le sue movenze sono perfette per il personaggio di Gatsby. E anche Carey Moulligan e Toby Maguire interpretano bene, per quanto possono in uno script che non include introspezione, Daisy e Nick.
Ma nel film di Lurhmann accade uno strano fenomeno di trasposizione: se nel romanzo il contorno sfarzoso rimane tale e al centro di tutto vi è la vicenda di un uomo solo che muore dietro al sogno di una grande passione, ciò da anche vita a un triangolo amoroso tra i più ovvi ma tale menage è funzionale al resto e non viceversa, nella pellicola è il contorno ad essere il centro della scena, contorno d’eccellenza, ovviamente, ma contorno completamente vuoto.
Salvati gli attori che hanno dato il loro meglio chi, purtroppo, va criticato con forza è il regista che ha posto il suo ego al di sopra di qualcosa di troppo grande, anche per lui.
Rimane, comunque, di questo film una colonna sonora che accarezza l’intera pellicola. Musiche non di certo inerenti al tempo in cui è ambientata la narrazione ma che la rendono contemporanea.
Il problema è che, come un libro si legge un film si vede. Il grande Gatsby, invece, è un film che andrebbe solo ascoltato ed è per questo che qualcosa, di grosso, non ha funzionato nel rendere un classico tanto moderno da strappargli il senso.