Infanzia clandestina: recensione film

L’AUTOBIOGRAFICO LAVORO DI BENJAMÌN ÀVILA È UN POETICO FILM DI FORMAZIONE

GENERE: drammatico

DATA DI USCITA: 6 giugno 

Il male assoluto, quello della guerra o delle dittature, al cinema e in letteratura è stato spesso osservato dagli occhi del bambino.

In principio fu Pin, il piccolo protagonista del primo romanzo di Italo Calvino Il sentiero dei nidi di ragno, poi arrivò, esattamente mezzo secolo più tardi, Giosuè il bimbo che in La vita è bella, grazie a un papà d’eccezione quale può essere solo Roberto Benigni vive il campo di concentramento come un gioco.

Siamo nel 1979 e la situazione politica dell’Argentina è drammatica: dalla morte del presidente Juan Peron, il governo è instabile e ha generato guerriglia urbana. Dal momento in cui il generale Videla diventa dittatore, numerosi dissidenti sono torturati e uccisi; alcuni di loro si rifugiano in Cile altri lì vengono esiliati, esattamente come accade ai genitori di Juan che però dal confino riescono a fuggire per rientrare in patria e continuare la lotta contro le forze armate, che ostacolano l’opposizione al governo.

La scelta coraggiosa di Cristina e Horacio ha però delle ripercussioni sulla vita del loro bambino che dovrà cambiare identità e vivere nell’incertezza e nella tensione che solo una mente fanciulla può trasformare in normalità.

Infanzia clandestina è la storia autobiografica del suo regista, Benjamin Àvila che nel lungometraggio sovrappone il suo ricordo allo sguardo del protagonista.

Juan vive la vita dei suoi coetanei, si innamora di una bambina dal candido nome, Maria, e la sua vita, sdoppiata e falsa, nel suo mondo di piccolo uomo lo rende speciale.

Piano piano però il bambino sente il peso della sua doppia esistenza e solo a casa di zio Beto riesce a essere se stesso e comunque riesce a trovare nel suo giovane amore la forza per andare avanti.

Con una delicatezza disarmante Àvera  descrive la terribile situazione in cui lui stesso si trovò: fondamentali all’interno del racconto cinematografico del regista le relazioni tra i personaggi dalle quali si evince una forte introspezione degli stessi nelle liti e nelle dimostrazioni d’affetto rappresentate.

La raffinata scelta del regista di non mostrare le scene di guerriglia ma di palesarle attraverso alcuni disegni e di nascondere i pestaggi degli attivisti lasciandole all’immaginazione dello spettatore fa di Infanzia clandestina una poetica pellicola di formazione priva di violenza ma non di denuncia.

Juan, il bambino che ama come un uomo nella sua infanzia clandestina, come il titolo del film sottolinea, è un personaggio straordinario che solo il ricordo, e non l’invenzione, avrebbe potuto dare alla luce.

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