TONI SERVILLO: “FELLINI HA GUARDATO ROMA APPOGGIATO A UNA BALAUSTRA, SORRENTINO NON L’HA TROVATA E PER QUESTO CI È CADUTO DENTRO”
La critica internazionale è entusiasta del nuovo film di Paolo Sorrentino La grande bellezza in concorso alla 66ma edizione del Festival di Cannes, The Guardian parla addirittura di palma d’oro e gli applausi in sala fanno ben sperare.
In Italia, invece, la critica si è divisa nettamente e noi per parlare di questo, e di altro, abbiamo incontrato sulla croisette il regista e parte del cast del lungometraggio che porta per la quinta volta Sorrentino alla kermesse francese.
Sorrentino c’è stata per il film un’accoglienza molto diversa della internazionale rispetto a quella italiana…
Paolo Sorrentino: si pensava che questo film non sarebbe stato accolto bene all’estero e invece lo è stato, forse è stato fatto un errore di valutazione da parte della critica italiana. Del resto era già accaduto con Il divo. E che la stampa internazionale lo abbia accolto in maniera entusiastica, mi fa molto felice. Penso che il cinema italiano sia vivo, con grandi autori e che per delle abitudini stravaganti lo si stronchi a priori.
Nel suo film sono stati anche diversi riferimenti a La dolce vita di Fellini…
Paolo Sorrentino: Fellini diceva che Roma se l’era inventata e non c’era corrispondenza tra la città del film e quella vera. In La grande bellezza esiste un’interiorizzazione e la lezione di Fellini resta per tutti. C’è un’assonanza su dei temi ma non esistono altre ragioni di somiglianza. Quello lì era un capolavoro, questo è un film
Toni Servillo: Ho la sensazione che Fellini abbia guardato Roma appoggiato mollemente a una balaustra che invece Paolo non ha trovato e quindi c’è caduto dentro. Quel film poi si doveva intitolare La bella confusione. Quella era un’Italia diversa da oggi che viveva ancora sul rilancio dopo la povertà del dopoguerra. Sul piano del linguaggio Paolo può fare un riferimento a Fellini. Ma in La grande bellezza, più che speranze, ci sono occasioni mancato ed è per questo che il tono qui è più malinconico
Sorrentino, come ha scoperto Roma?
Sono stato a Roma da ragazzo a lavorare e poi mi ci sono trasferito. E nel corso degli anni ho raccolto suggestioni e aneddoti che la riguardavano. Quando è stata partorita l’idea del personaggio di Toni, abbiamo poi pensato di fare un film anche su questa città con il protagonista come testimone.
Come ha ponderato la scelta dei luoghi usati come scenografia?
Roma ha una burocrazia che non è che ti consenta molto di scegliere. Mi sono lasciato guidare dallo stupore e la meraviglia di una città che conosco da poco tempo.
Il film è il ritratto di una società in decadenza?
Paolo Sorrentino: Nel film c’è una battuta di Santa che dice: “la povertà non si racconta ma si vive”. Forse è la frase che simboleggia il film e che dà l’idea dell’impoverimento generale del nostro paese.
Come vi siete trovati, voi attori, a lavorare con Paolo Sorrentino?
Toni Servillo: Ho ricevuto da Sorrentino quattro sceneggiature che considero quattro regali. Ho fatto il mio primo film con Martone, Morte di un matematico napoletano, ma poi Paolo mi ha dato il ruolo da protagonista. Forse ci unisce il fatto di essere entrambi napoletani e l’ironia dalla passione con cui si prendono le distanze. I miei personaggi con Sorrentino perdevano qualcosa che dovevano recuperare. Qui Gep ha invece qualcosa che vuole perdere. Quando mi scappava di recitare in italiano, Paolo mi suggeriva di essere più napoletano nell’eloquio. Amo profondamente questo personaggio.
Paolo Sorrentino: Le ragioni per cui lavoriamo spesso insieme dipendono dall’ottimo equilibrio tra senso di famiglia e l’imprevedibilità proprio di Toni. E sono queste due cose che ci rendono gioiosi. Toni è anche il mio miglior critico cinematografico, anzi l’unico che ho di riferimento.
Carlo Verdone: Nel mio sito, ci sono sei registi preferiti e tra questi c’è Paolo Sorrentino. Lui non è neanche un regista, è un’artista. Dopo il film mi ha chiesto: “Come l’ho filmata Roma?”. Io gli ho detto: “Nella notte gli hai ridato quello splendore che è così mortificato durante il giorno. Io vengo dalla commedia e questo è il mio primo film drammatico. E spero di farne altri
Sabrina Ferilli: Chi ama il cinema nel modo più profondo non può essere incantato da questo film. Questo è uno spettacolo straordinario. Per me La grande bellezza non è solo Roma ma è anche la bellezza della vita che può rischiare anche di restare vuota. Questo film ha la messa in scena migliore di quelli che ho visto e sono orgogliosa di averne fatto parte
Per voi Verdone e Servillo, che siete anche registi (il primo di cinema, il secondo di teatro) come ci si sente nelle mani di un altro cineasta?
Toni Servillo: Sono un regista di teatro che non ha nessuna intenzione di passare dietro la macchina da presa. In generale poi anche a teatro dirigo gli altri attori da attori.
Carlo Verdone: Quando ami un regista, capisci qual è il suo stile e cosa pretende da un’attore. Ho faticato soltanto il primo giorno di riprese quando ho dovuto fare la scena del monologo a teatro. Pensavo di sapere bene la parte, poi quando l’abbiamo provata in roulette, Paolo mi ha detto: “Non è così, devi essere più ironico”.