DAL ROMANZO DI MAURO COVACICH AL FILM DI VALERIA GOLINO
A nome tuo, romanzo di Mario Covacich, è un libro che racconta più di una storia.
Tra le tante vite che l’autore narra vi è quella di Angela, una donna che viaggia da e per il Sud America per procurarsi dei veleni che consentano ai malati irreversibili di porre fine alla loro non vita. Questo è il mestiere di Angela esattamente come è quello di Irene, la protagonista di Miele, primo lungometraggio che vede l’attrice Valeria Golino dietro la macchina da presa.
Al di là dei nomi delle protagoniste la storia tratta dal romanzo di Covacich e il film di Valeria Golino hanno moltissimo in comune: innanzi tutto in entrambe le versioni la musica è fondamentale, infatti i clienti di Irene e di Angela possono scegliere con quale musica essere accompagnati verso l’ignoto del non ritorno. Il secondo punto in comune tra le narrazioni è quello di avere una visione del tutto oggettivo.
Covacich con la sua letteratura e Valeria Golino con un’abilità registica stupefacente non danno giudizi sul racconto, seppur forte, si limitano a narrarlo e a dare allo spettatore o lettore la libertà di giudicare.
Il film, come il libro, pongono angoscianti interrogativi al lettore/spettatore ma non danno risposte e neanche le suggeriscono ma raccontano semplicemente la vita di una donna che a scopo di lucro aiuta chi vuole a morire clandestinamente.
La morte viene descritta in maniera naturale, cinica, e il far morire diviene un mestiere con tanto di catalogo su come poter affrontare la fine. Senza troppi virtuosismi né narrativi né di regia il toccante, e fin troppo discusso, tema dell’eutanasia risulta alla fine funzionale al racconto di storie di vita e d’amore.
Miele è la dimostrazione che con i giusti occhi e la giusta modestia è possibile trasporre un libro creando un film che tocca, seppur con mezzi diversi, gli stessi punti dell’anima senza sbaturare o offendere l’opera da cui è nato.