The Elevator: recensione film

PRIMO LUNGOMETRAGGIO DI MASSIMO COGLITORE CON UN CAST INTERNAZIONALE

Massimo Coglitore, regista siciliano, porta sullo schermo The Elevator, materializzando dentro l’ascensore di un appartamento signorile di Manhattan angosce e paure. Il film debutta con grande successo di pubblico al 60° Taormina Film Fest, lasciando tutti stupefatti. “The Elevator” una sorta di bunker, un cubo d’acciaio dove si trovano una donna misteriosa (un’eccezionale Caroline Goodall) e Jack Tramell (un superbo James Paarks) famoso presentatore televisivo.

Il regista non ci ossessiona con gli spazi angusti e le tinte oscure che trovano il loro naturale compimento in un ambiente claustrofobico, in cui anche le luci riescono a diventare soffocanti. Il regista ci angoscia, in maniera raffinata, con le paure e le psicologie dei personaggi, cogliendone l’anima più oscura. Ne nasce una sorta di saggio sul cinema della psicosi, che attraversa generazioni di grandi film e cineasti. A dare nerbo al film è anche l’ottimo copione di Riccardo Irrera e Mauro Graiani. Una sceneggiatura che metterà Jack Tramell di fronte a un crescendo di difficoltà degno del teorema di Alfred Hitchcock sul thriller, secondo il quale quanto più numerose sono le avversità che si addensano sul percorso del protagonista, tanto più lo spettatore si identificherà con esso.

E c’è molto di hitchcockiano anche nello stile di Coglitore, così attento ai dettagli, alle luci, alle inquadrature, che trasforma quella che è una tipica situazione da gioco del gatto con il topo in una tesissima partita a scacchi in cui ogni mossa può rivelarsi fatale. La passione del regista per il thriller non è nuova, e già si era manifestata nel bellissimo corto “DEADLINE” e in “UOMO DI CARTA”. L’ascensore diventa così l’architrave di un percorso all’interno dell’anima, il piano di gioco di un regista che vi muove la macchina da presa con maestria, con carrelli e dolly quasi impossibili dentro uno spazio così limitato. Ma questo è un film privo di virtuosistica regia, è un film dove tutto si piega al servizio della storia e dei personaggi. Misurata ed efficace la colonna sonora di Stefano Caprioli, così come il design sonoro.

A nobilitare il film anche una straordinaria Caroline Goodall e un ottimo James Parks, completa il cast il sempre gagliardo Burt Young. Il regista approfondisce le psicologie dei personaggi, sviscerandone istinti primari (paura, avidità, spirito di sopravvivenza, combattività, pietà). Il film è anche una parabola sulla ricchezza e sui suoi vantaggi difficili da gestire, per i quali occorre a volte il manuale delle istruzioni. L’ascensore è il simbolo delle fobie di una classe sociale, ma anche la metafora di come il benessere si possa trasformare in una trappola infernale.

Girato in lingua inglese il film non sente minimante l’etichetta “low budget”, merito sicuramente di una produzione diligente, la Lupin Film, e un cast tecnico di altissima qualità, a testimonianza che in Italia abbiamo grandi maestri. Fotografato magistralmente da Vincenzo Carpineta con un ottimo montaggio di Osvaldo Bargero,  The Elevator è un film ben diretto e ben confezionato, lontano dagli stereotipi del thriller hollywoodiano rivelandosi, in ultima analisi, più europeo forse grazie al buon gusto di un regista siciliano.

Annamaria Filloramo 

 

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