IL THRILLER DI STEFANO CALVAGNA ARRIVA NELLE SALE: APPROFONDIAMO IL FILM
Un insolito genere è quello che si trova a mettere in scena Stefano Calvagna, che ci aveva abituato a film con tematiche sociali e di denuncia. Multiplex invece è un thriller con i caratteri dell’horror, dalla trama non originale ma con un concept rielaborato. Per analizzare il film, abbiamo incontrato il regista, il cast tecnico ed artistico in occasione della presentazione dalla Stampa del film, tenutasi lo scorso 25 Giugno presso il Cinema Adriano di Roma.
Calvagna, da dove ha preso l’idea per il soggetto?
Calvagna: una mia amica americana mi ha raccontato una storia vera simile una volta, che ho ritirato fuori dopo la proposta dell’UCI Cinema, quando mi chiesero di ambientare un film in una loro sala. Abbiamo girato il tutto in un’unica sala, in due settimane e con un budget davvero basso. Iniziavamo a girare alle 7 di mattina, e alle 14 dovevamo obbligatoriamente uscire dal cinema. Gli attori hanno fatto una preparazione enorme, anche se avevamo tempistiche molto rapide, e inoltre ci sono stati molti cambiamenti di script in corsa.
Puoi dirci qualcosa sulle musiche? Svolgono un ruolo fondamentale.
Calvagna: le musiche di Claudio Simonetti mi hanno entusiasmato, ha fatto davvero un bel lavoro trovando tonalità molto adatte al film.
Multiplex è un film di genere, che arriva dopo diversi film sociali.
Calvagna: si, mentre mi occupavo della realizzazione mi è venuto in mente Demoni di Lamberto Bava. E per quanto riguarda l’unico ambiente, penso ai miei scorsi film E guardo il mondo da un oblò, o Arresti domiciliari.
I giovani interpreti del film sono quasi tutti alle prime armi. Che cosa ha rappresentato per voi questa esperienza?
Francesca Romana Verzaro: io sono stata felice dell’opportunità che mi è stata data e per questo non posso che ringraziare Stefano. La mia paura era quella di trovare sul grande schermo un personaggio scialbo, invece credo che le sue sfumature siano rese bene.
Lavinia Guglielman: ho creduto nel progetto fin da subito. Lavorare con Stefano significa lavorare con uno dei registi più coraggiosi sul panorama cinematografico italiano attuale. Abbiamo raggiunto un ottimo risultato in poco tempo, con un budget basso e riuscendo ad mettere in scena una storia non banale.
Jacopo Troiani: è stata un’esperienza bellissima, perché girare un horror in Italia non capita spesso al momento. E’ bello sentirsi parte di un vero gruppo lavorativo, penso che questo progetto abbia fatto crescere ognuno di noi.
Tiziano Mariani: io, con il mio personaggio, ho dato sfogo a quegli istinti che in fondo abbiamo tutti, ma che solo in un contesto artistico si possono tirar fuori. La preparazione fisica e psicologica per riuscire a mostrare depressione è stata complessa. Inoltre, abbiamo avuto la fortuna di lavorare in un luogo che emanava un’atmosfera molto particolare, mi sono sempre chiesto come fosse rimanere in un ambiente del genere. Finalmente so la risposta.
Federico Palmieri: il bello di questo mestiere è che ti fa andare oltre il limite imposto da pudore e etica. Questo non è il mio primo film, anche se è il primo che si può vedere sul grande schermo e sono quindi molto emozionato. Questa però è stata la prima volta su un vero set, in cui regnavano precisione, divertimento e lavoro serio. Ho passato 12 giorni molto belli. Quando c’è dedizione e amore per il proprio lavoro, il risultato finale si vede.
Laura Adriani: Nel mio personaggio ho dovuto mettermi in gioco dato che Clelia è molto diversa da me. È stato emozionante girare questo film perché non avevo mai girato un thriller.
Gabriele Mira Rossi: Col mio personaggio ho provato a movimentare la componente horror del film, con qualche battutina. Poi volevo ringraziare il cast tecnico del film, perché il loro lavoro è stato fondamentale anche per la nostra crescita professionale.