IL ROAD MOVIE DI FORMAZIONE, OPERA PRIMA DI LUIGI CECINELLI, SPRECA I BUONI SPUNTI DA CUI PARTE PER BUTTARSI NEL DIRUPO DELLA COMMEDIOLA ALL’ITALIANA
GENERE: commedia
DATA DI USCITA: 13 giugno
Cosa potrebbe accadere se un ragazzo affetto dalla sindrome di Tourette, un ossessivo compulsivo, un pornodipendente del web e un narcolettico decidessero di intraprendere un viaggio insieme? Qualsiasi cosa, forse, ma sicuramente molto di più di ciò che Luigi Cecinelli fa accadere nel suo Niente può fermarci.
Augusto, Leonardo, Guglielmo e Mattia sono quattro ragazzi ognuno di loro ha un disturbo psicologico e, chi per la prima volta chi per l’ennesimo anno di seguito, decidono di passare la loro estate in una clinica che li aiuti a curare i loro problemi. Una sera però la noia e il coraggio hanno la meglio su di loro e così il gruppo di neo amici decide di scappare…
Lo spunto dell’opera prima di Luigi Cecinelli è ottima: l’idea dei giovani uomini decidano di affrontare la vita, con i limiti che la loro condizione gli impone, invece di rinchiudersi in un luogo sicuro dove è palese che niente cambierà è un incipit notevole e anche abbastanza nuovo. Buono è anche il modo ironico in cui ogni piccola falla dei giovani protagonisti viene rappresentata in quello che può essere definito un road movie di formazione.
Il problema principale del film sta nella sua sceneggiatura e nella costruzione dei personaggi secondari (quelli femminili risultano in particolare quantomeno offensivi): risate sincere vengono strappate in alcuni momenti del film, soprattutto grazie all’interpretazione di Lucia Ocone nel ruolo dell’infermiera promiscua e mistress, ma resta il fatto che volendo unire un racconto di formazione al road movie, alla commedia corale Cecinelli strafà e non riesce a gestire il tutto.
Tra gli attori che interpretano i ragazzi quello che spicca di più è sicuramente il bravo Vincenzo Alfieri che regge, con la sua sindrome di Tourette, il dinamismo dell’intero gruppo. Lasciano un amaro in bocca invece quasi tutti gli interpreti grandi ovvero Serena Autieri, Paolo Calabresi (l’unico che spicca per comicità) Gianmarco Tognazzi e Massimo Ghini in quanto personaggi dei quali vestono i panni vengono solo accennati e sarebbe stato invece interessante fare un parallelismo più completo tra l’on the road affrontato da loro e quello dei giovani che è il perno del film.
Guest star del lungometraggio è Gerard Depardieu, nella parte del contadino rude dal cuore tenero, il quale non si scomoda a proferire nemmeno una parola in italiano e che, come tutta la parte del film in cui è presente, risulta inutile ai fini del racconto.
La regia di Cecinelli è buona, il montaggio dinamico come il ritmo del suo lavoro, la colonna sonora spesso stona o sottolinea la banalità di alcuni momenti.
L’affiatamento tra i protagonisti è ottimo ma resta fastidiosa l’idea che tutte le donne che compaiono, a parte l’Autieri che si limita a interpretare il ruolo della mamma che fa anche da papà dando questa idea di donna con le palle principalmente grazie alla Ducati che guida e la Ocone che per un quarto d’ora porta a livelli di comicità straordinari la pellicola, siano amanti o future mogli promiscue e pentite.
La verità è che se Niente ci può fermare fosse stato solo un film di amicizia e tutto al maschile senza scomodare Regina (Maria Chiara Augenti) il cui personaggio sfocia nel più retorico dei drammi o Eva Riccobono niente sarebbe cambiato ma qualcosa sarebbe addirittura migliorato.
Senza ombra di dubbio la pellicola strizza l’occhio a Una notte da leoni e nello stesso tempo ricorda in alcuni punti Che ne sarà di noi ma non riesce a catturare in toto né l’ironia del primo, né la morale della favola del secondo.
Troppe buone idee, a cominciare da quella di partenza passando per la critica sociale che avrebbe potuto accompagnare la polemica su una clinica fasulla che cura certe malattie fino ad arrivare al personaggio (un politico?) di Gianmarco Tognazzi che vuole il figlio si operi e che la sua fuga non sia denunciata per se stesso e per il suo ruolo esposto ai media, sono state buttate via in questo lungometraggio che, dagli attori ai temi, aveva davvero tutte le carte per non cadere nel burrone della commediola all’italiana.