L’OPERA PRIMA DI LAURA CHIOSSONE SOTTOLINEA L’ESISTENZA DI UN CINEMA INDIPENDENTE ALTERNATIVO E CORAGGIOSO
USCITA: 27 giugno 2013
VOTO: 3 su 5
A volte capitano nel marasma delle commedie italiane, preparate a tavolino riunendo quanti più stereotipi possibili, dei film che riescono a colpire al cuore, proprio per la loro volontà di uscire dai canoni, rimanendo fedeli alla realtà e creando personaggi che si possano imprimere nella mente dello spettatore. Era il caso del bellissimo e purtroppo poco visto Bellas Mariposas, così come dell’esordio alla regia di Laura Chiossone, Tra 5 minuti in scena.
Il film alterna in modo decisamente originale la storia di un’attrice, decisa a curare la madre cieca e ultranovantenne, e la preparazione di una commedia farsesca teatrale che vede la stessa attrice mettere in scena un episodio molto simile a ciò che sta vivendo.
Grazie all’alternanza stilistica tra riprese con macchina fotografica digitale e in pellicola oltre che a un cast multi generazionale, la Chiossone riesce a creare una commedia amara, diversa dal cinema mainstream al quale siamo abituati, in cui il budget basso non impedisce alla storia di avere un grande respiro capace di coinvolgere un vasto pubblico, in particolare chi ha avuto l’esperienza di assistere un familiare anziano agli stremi della vita, che tuttavia non esita a fare dell’ironia e dell’immaginazione la propria forza per (soprav)vivere.
TCMIS funziona principalmente grazie al cast meravigliosamente assortito: si tratta per la maggior parte di attori che vengono dal teatro, come la protagonista Gianna Coletti che per metà film interagisce con la vera madre Anna Coletti dando vita a delle sequenze dal sapore ‘cinema-verité’ che sembrano rifarsi in parte alle prime opere di Garrone, reinterpretate con un gusto interamente femminile. Le parti svolte a teatro sono incentrate su un umorismo raffinato che mira in parte a replicare lo spirito di un capolavoro della commedia teatrale come Rumori fuori scena di Michael Frayn, portato sul grande schermo da Peter Bogdanovich. Solo che questa volta la vicenda si arricchisce del fatto che il nostro è un paese in cui il teatro è la vittima più evidente di una crisi –non solo economica- che mira a distruggere quanto è rimasto del nostro patrimonio culturale. Ma se c’è voglia di fare, non tutto è perduto.
Questo è un argomento che Laura Chiossone tiene particolarmente a cuore. E anche se la sua opera prima non è impeccabile a livello stilistico (vi è una tendenza talvolta allo strafare, come sottolinea l’utilizzo incessante delle musiche nell’ultimo quarto d’ora), riesce a trasmettere una speranza e una freschezza che si sentono raramente nel giovane cinema italiano.