Gravity: Recensione Film

APPLAUSI CONVINTI COME NON CAPITAVA DA TEMPO, CUARON NELLO SPAZIO COGLIE IL SEGNO

locandina gravityGENERE: Fantascienza

USCITA: 3 ottobre 2013

DURATA: 90 minuti

VOTO: 4,5 su 5

Capita raramente di vedere film di fantascienza facilmente riconducibili al presente, nella realtà in cui viviamo. Eppure quando si guarda Gravity, nuova fatica di Alfonso Cuaron a quasi dieci anni di distanza dal bellissimo I Figli degli uomini, si ha l’impressione di assistere non a un’opera esclusivamente di fantasia, ma a un dramma umano svolto nello spazio, quasi come il film ispirato alla storia vera Apollo 13. Ma in questo caso il riferimento letterario principale è il Robinson Crusoe di Defoe.

La dottoressa Stone è una nuova all’universo degli astronauti: dopo soli sei mesi di addestramento viene catapultata nel mezzo di una missione che d’abitudine sarebbe riservata a veterani del mestiere. Ma ben presto la nostra assieme al capitano Kowalski si ritroverà dispersa in seguito alla catastrofe causata da una tempesta di detriti. Tornare vivi a casa non sarà facile come previsto.

Si è già parlato del trailer del film, non una sequenza di immagini veloci come accade spesso, ma un frammento del piano sequenza iniziale. Quella scena la vediamo nella sua interezza ed è ancora meglio di quanto lo si prospettava dalla famigerata presentazione: la telecamera rotea sui personaggi a 180° e talvolta si ha l’impressione di fare le capriole nello spazio come i protagonisti. Si assiste al tutto con un misto di nausea e stupefazione, un risultato capace di immergerci totalmente in un’opera che meriterebbe il doppio del successo del raffazzonato Avatar, visto il livello d’innovazione sull’immagine e il 3D (finalmente) mozzafiato. Cuaron con i suoi interminabili movimenti di camera mostra la diretta di un evento assolutamente credibile sul piano della cronaca, in grado in questo modo di far emergere più facilmente lo spessore dei personaggi e delle loro vite.

George Clooney nel suo ruolo riesce a essere umoristico e sornione come sempre e la sua figura di mentore potrebbe sembrare Obi Wan-Kenobi nel caso fosse stato interpretato da Cary Grant. Sandra Bullock non riesce a tenere sempre viva l’attenzione dello spettatore e nei suoi discorsi spirituali l’enfasi iniziale scema un po’ arrivando quasi a storcere il naso. Si tratta comunque di un’opera di fantascienza di grande impatto che segna un nuovo passo su come si possa trasporre lo spettacolo dell’universo nello spazio di un’inquadratura: e se la sceneggiatura, a differenza de I figli degli uomini, non manca di pecche è ancora la regia di Cuaron a stupire.

 

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