Locarno 66 – Shu jia zuo ye (A time in Quichi): recensione film

UN RACCONTO DI FORMAZIONE PROFONDO E COMMOVENTE CHE DURA IL TEMPO DI UN’ESTATE

Ai tempi della scuola tra i compiti che ogni estate bisognava fare per le vacanze quello meno pesante era sicuramente il diario: immortalare su carta non tutti ma alcuni, i più sigificativi, giorni trascorsi nei mesi passati lontano dai banchi. Ed è proprio attraverso il diario di Bao che conosciamo lui, un pezzetto della sua giovane vita che coincide con il periodo trascorso a Quchi dallo straordinario e saggio nonno, mentre i suoi genitori stanno divorziando.

Shu jia zuo ye (A time in Quichi) è un racconto di formazione de regista cinese Tso chi Chang che segue il percorso di Bao all’iterno della comunità della provinciale cittadina dove iniziamente il ragazzo di città si sente spaesato e fuori posto per poi trovare nei compagni di doposcuola, nel burbero nonno e in una sorellina quella famiglia che nella sua vita si è spezzata. Per parte del film sembra che il piccolo protagonista non abbia emozioni, che i giorni gli scorrano accanto, che lui non ne faccia parte ma a un certo punto qualcosa cambia, una porta si apre una mano amica arriva per portarlo lì, dove la sua vita scorre.

La bella fotografia e la regia pulita del cineasta cinese raccontano con grazia una vicenda profonda senza mai però scadere nell’inutile melodramma pur mantenendo intatte le emozioni che allo spettatore arrivano con delicatezza. Unica pecca del cortrometraggio è forse l’incapacità di sottolineare alcuni passaggi della storia come l’amicizia tra Bao e Michguan che è l’incipit del colpo di scena che, come in ogni racconto di formazione che si rispetti, porterà il protagonista al cambiamento, alla crescita, forse prematura e repentina, ma impossibile da evitare.

Quello che emerge dalla pellicola è anche una critica forte all’inadeguatezza di certi genitori e l’elogio poetico della capacità di un bambino di superare quello che per lui è un vero e proprio dramma con l’aiuto di persone che non lo compiangono ma che gli danno regole ed educazione.

Tso chi Chang mette così in scena un film educativo, la storia di un’estate che cambia un’esistenza e che nella vita di Bao lo prende per mano accompagnandolo dall’età fanciulla a quella adulta che comincia con quella pagina di diario strappata dal quaderno e scritta tra le lacrime, quella pagina di diario non più scritta per obbligo ma per bisogno come se diventare grandi significasse aprire la porta alle emozioni, anche se bagnate di pianto.

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