L’INFATICABILE CINEASTA COREANO SANGSOO HONG CI RACCONTA L’ATTRAZIONE
Il cinema di Hong Sangsoo, prolifico cineasta coreano, sembra sempre sorreggersi sul caso. La sua narrazione, che procede poi attraverso serratissimi dialoghi e una camera che tende a inquadrare i protagonisti frontalmente quasi come se lo spettatore stesse assistendo a una sorta di interrogatorio, parte in ogni suo film da qualcosa di fortuito e anche nel suo ultimo lavoro U ri Sunhi (La nostra Sunhi) questa caratteristica del regista rimane forte nell’incipit della storia.
Sunhi è una studentessa di cinema che dall’università di Seul vorrebbe passare a quella americana. Per far sì che questo avvenga manda una lettera a un suo ex professore e ritrova casualmente anche una sua vecchia fiamma, ora regista, e il suo migliore amico. Tutti e tre gli uomini amano o hanno amato la giovane donna che si ritrova ipotente innanzi alla scelta.
Questa storia di attrazione, ma anche di repulsione, viene gestita dal regista come se fosse una danza: tutti i protagonisti si conoscono eppure ognuno di loro cambia atteggiamento a seconda di chi si trova di fronte dando così vita a una catena di omissioni, bugie e piccoli tradimenti.
Nella pellicola il regista ripete più volte le scene cambiando però i personaggi o scambiando i loro ruoli all’interno dell’azione: una quadriglia visiva che solo un cineasta con la classe di Sangsoo Hong pteva mettere in atto imprigionando con maestria i personaggi del suo lungometraggio in una gabbia, dove tutto cambia ma tutto torna in altre vesti, che ha come delimitazione gli stessi protagonisti di un quadrilatero sentimentale raccontato magistralmente.