Tutta colpa di Freud: incontro con Paolo Genovese

TRA ROMA E NEW YORK IL REGISTA STA LAVORANDO AL SUO PROSSIMO FILM

È la quarta settimana di riprese del nuovo lavoro di Paolo Genovese, Tutta colpa di Freud, scritto a sei mani dal regista con Leonardo Pieraccioni e Paola Mammini.

Il lungometraggio, ambientato tra Roma e New York, racconta di uno psicanalista (Marco Gallini non dissimile nelle barbute sembianze dal suo alter ego Sigmind) alle prese con tre casi particolari: una libraia innamorata di un ladro di libri sordomuto, di una lesbica che vuole diventare etero e una diciottenne infatuata di un uomo molto più grande di lei. A complicare queste vicende già non semplici c’è il particolare che le tre donne sono le figlie del dottore.

Il film, che uscirà nelle sale il prossimo 23 gennaio, vede come protagonisti oltre a Gallini anche Vittoria Puccini, Anna Foglietta e Laura Adriani, Alessandro Gassman e Claudia Gerini e Vinicio Marchioni.

Nello splendido Teatro dell’Opera (luogo non casuale, legato alle vicende che la pellicola narra) abbiamo incontrato il regista.

Paolo Genovese la trama ci racconta, tra le altre cose, di un padre preoccupato per la vita delle figlie, è questo il senso della sua storia?

Lui fa quello che ogni padre fa, naturalmente agisce con degli strumenti professionali molto diversi. Quello che mi piace sottolineare è il filo rosso che accomuna queste tre storie ed è la differenza; la differenza d’età, ad esempio, quella sulla propria inclinazione sessuale e la grande differenza di condizione sociale che si stabilisce tra un udente e un non udente. Ecco, l’idea era di raccontare con leggerezza queste tre realtà, queste storie un po’ al margine.

Il protagonista, Francesco, ha dalla sua parte l’autorevolezza che gli viene dalla professione. Ha qualche punto debole?

Da quando è stato lasciato dalla moglie, che si è trasferita all’estero per fare il medico in un’organizzazione non governativa, ha dimenticato l’amore, concentrandosi solo sulle figlie. Poi però nella sua vita arriva il personaggio interpretato da Claudia Gerini che lo incuriosisce. Si ritrova a spiarla, a seguirne i movimenti, senza mai avvicinarla. Scoprirà che è la moglie dell’uomo di cui si è invaghita la figlia minore Emma e questa situazione lo metterà davanti ad un bivio. Vorrebbe avere per sé l’unica donna di cui si sia innamorato negli ultimi anni, ma questo vorrebbe dire lasciare che il marito della donna, Alessandro Gassman, continui la sua relazione con la figlia.

Ha un rapporto particolare con la psicanalisi?

Non sono mai stato in analisi perché temo di non trovare nulla, preferisco rimanere nell’illusione di essere complesso.

Come giudica il fatto che la commedia sia stata ancora una volta dimenticata dai selezionatori di un festival come quello di Venezia?

Penso che non si possa scartare a priori una commedia solo perché è tale, certo ci sono commedie fatte bene e altre no, ma è il genere che forse meglio di altri riesce a raccontare la vita, con leggerezza e senza superficialità. Ha il grande dono di essere popolare, per questo puoi affrontare temi importanti per tutti.

Le location romane sono tutte situate al centro della capitale, perché?

Abbiamo provato a raccontare la parte bella di Roma, quella che cinematograficamente non è mai stata raccontata. L’ha fatto Woody Allen, ma non in maniera sensazionale e mi permetto di dirlo. Visivamente il film è molto ricco, un po’ per il gusto di rappresentare la mia città, ma anche ripagare quelli che vanno al cinema. Sono convinto che possiamo contrastare la pirateria facendo film che possano essere goduti al massimo nel buio di una sala.

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