Venezia 70: intervista a Gianni Amelio

“IL MIO FINALE CONSOLATORIO? ABBIAMO TUTTI BISOGNO DI ASSISTERE A QUALCOSA CHE NON LASCI L’AMARO IN BOCCA”

La stampa non ha accolto con il meritato calore il film di Gianni Amelio, secondo italiano in concorso alla 70ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

L’intrepido, che attraverso il personaggio di Antonio (Antonio Albanese) un uomo che fa il mestiere di rimpiazzo, ovvero sostituisce in ogni lavoro possibile chi, per qualsiasi motivo, deve assentarsi, è un malinconico e bel ritratto delle condizioni dell’Italia che si sofferma soprattutto sulla piaga sociale della disoccupazione

Amelio, partiamo dal finale: alcuni hanno asserito che quello suo del film sia stato troppo consolatorio. Cosa  pensa di questa critica?

Abbiamo bisogno tutti ti assistere a qualcosa che non lasci l’amaro in bocca, di un film che faccia sognare dopo il confronto con la realtà. Anche quando ho fatto film più drammatici, ho cercato di far intravedere uno spiraglio di luce nelle ultime inquadrature. E qui la luce invade completamente la scena.

Non è stato colto, da moltissimi giornalisti in sala, lo spirito del film. Secondo lei questo è sintomo di una crescente aridità e della perdita di speranza da parte di questo paese?

Lo spettatore ha la liberta di cogliere ciò che sente. Spesso gli spettatori sorprendono chi ha creato il film, e per me è stata una sorpresa anche sentire che la figura di Antonio Pane sia stata paragonata a quella di Charlot o ai personaggi di Zavattini. In entrambi i casi si tratta di personaggi che superano le situazioni malsane con l’umiltà e la semplicità che li contraddistingue.

Il protagonista del suo film rcorda in quache modo Charlotte anche se il mondo cattivo e freddo che lo circonda è molto diverso. Cosa ne pensa?

Nelle ultime inquadrature dei suoi film, Charlot si allontana di spalle, solo, e non si sa qual è l’orizzonte verso il quale si rivolge. Il resto del mondo è fatto delle persone contro cui combatte con l’arma della dignità, della fiducia e dei valori. Si tratta di concetti fuorimoda ormai, così com’è fuori moda questo film. Antonio preferisce allontanarsi dai compromessi, preferisce la morte quotidiana della miniera piuttosto che piegarsi ad un mondo sporco e corrotto. Ricorda Charlot nella sua volontà di essere aperto alla bellezza e alla bontà. Dal film Colpire al cuore sono passati trent’anni, e se lì c’era un ragazzo gelido, qui nella stessa città c’è un uomo solo che vuole compiere un miracolo. Miracolo a Milano di Zavattini è stato citato a questo proposito, e per me è un onore poterlo ricordare.

Il film fa palesemente riferimento alla cronaca, alla situazione incerta dei giovani…

L’intrepido mostra la realtà in cui siamo immersi senza la pretesa di avere uno spirito documentaristico, perché per quello bastano i programmi di cronaca. Si tratta dell’esperienza delle persone che conosco, dei giovani. Non volevamo appiattirci su un film di denuncia, ma con ironia e sarcasmo, abbiamo scelto un uomo come tanti, Antonio Pane, che diventa un eroe del quotidiano nelle sue scelte e nella forza che ogni giorno lo spinge a uscire di casa e ricominciare.

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