L’ATTORE PORNO PARLA DEL SUO PASSAGGIO AL CINEMA “IMPEGNATO”, CON MOLTA ENFASI E SIMPATIA
Ci incontriamo nello spazio Timeout qui al Lido. Carlo, responsabile in loco dell’ufficio stampa, lo accompagna al divanetto per un face to face informale. E partiamo subito con le domande all’uomo del weekend, più di Daniel Radcliffe, intervistiamo velocemente il protagonista del thriller The Canyons di Paul Schrader. Lui è James Deen, attore porno “in carica”, qui molto disponibile e super fotografato.
So, mister Deen…il tuo personaggio Christian è un produttore che lavora nel cinema, tu che sei un attore pensi mai a questo tipo di salto?
In realtà Christian è solo un viziato e ricco figlio di papà. Non sa quello che vuole nella vita, quindi pur di non farsi bloccare il fondo fiduciario, decide di “giocare” col cinema. Quando mi hanno proposto il suo ruolo ho subito accettato, in fondo facciamo parte dello stesso mondo, da punti di vista dissimili.
Pensi che il ruolo di Christian potesse avere più di uno sviluppo?
Credo che lui sia uno psicotico di natura e che durante la narrazione non fa che peggiorare, sempre più instabile, sempre più ossessivo, si crea un castello di perversioni lontanissime dalla vita vera e non riesce più ad uscirne, anzi né è sempre più attratto e quindi invischiato.
Hollywood parla spesso di se stessa in termini poco lusinghieri, specie quando si tratta di ricatti sessuali. Quanto pensi ci si avvicini alla realtà?
La verità è moltissimo, fin troppo, io lo posso dire. So e conosco nel mio mestiere è che è un continuo di richieste di favori sessuali per lavorare nel mondo del cinema, talvolta anche alla luce del sole. Quindi lo stesso cinema fa bene a stigmatizzare tali comportamenti esorcizzandoli negli script.
Com’è stato il tuo rapporto sul set con Lindsay Lohan?
Questa è una curiosità che hanno avuto in molti e devo dirti che ci ho lavorato benissimo, anche nelle scene più difficili ed erotiche, c’è stato molto feeling tra noi e lei è realmente una professionista.
Discutevi ogni scena col regista o ti sei affidato interamente allo script?
Ne parlavamo prima di ogni ripresa, certo solo per limare alcune cose, sia con lui (Schrader) sia con Bret Easton Ellis, lo sceneggiatore con cui ci siamo confrontati su come far deragliare la vita di un personaggio come quello da me interpretato, in un certo senso un vero e proprio “malato”.
E ora cosa ti aspetta dopo Venezia, che progetti hai?
Mi hanno mandato tre o quattro copioni, onestamente tutti scartati perché di bassa qualità. Dopo quest’esperienza italiana il mio nome ha cominciato a circolare in alcune produzioni importanti, sia mai che mi chiamino al mio ritorno negli States, me lo auguro eccome!