Parkland: recensione film

LE REAZIONI DIETRO LE QUINTE DELL’AMERICA DI KENNEDY

Credo che Kennedy fosse un uomo pieno di entusiasmo, molto intelligente, con un carisma innato, che cercava sempre di fare cose positive. Commise degli errori […], anche di tipo etico, ma ritengo però che sia stato un uomo coraggioso capace di correggersi e abbastanza coraggioso da introdurre cambiamenti nella politica degli Stati Uniti così Fidel Castro, uno degli uomini più lontani dal 35mo Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, parlò di lui.

Nell’anno in cui si celebra il cinquantennale della morte dell’amato Presidente, nonché uno dei momenti più neri della storia degli Stati Uniti, l’esordiente Peter Landesman dirige un lungometraggio che racconta cosa accadde ad alcune persone che gli eventi hanno legato indissolubilmente al decesso di JFK nell’arco dei tre giorni seguenti alla morte del Presidente.

Decidere di esordire nel mondo del cinema con questa storia è già di per sé un atto di coraggio del neo cineasta in quanto non è difficile cadere nella trappola della retorica ed è ancor più facile ricevere facili e inutili accuse di nazionalismo.

Se il miglior film sulla triste vicenda di Kennedy, JFK di Oliver Stone, ha puntato sul tentativo di fare luce sull’omicidio, il meno riuscito, ma comunque originale, Parkland di Landesman vuole limitarsi a raccontare le reazioni personali e intime di chi è stato colpito più da vicino dalla morte del Presidente partendo proprio da quelle dei medici che hanno tentato di salvarlo e che lavoravano nell’ospedale che da il titolo al film.

Con un montaggio serrato, e non per questo limitante, Parkland passa da immagini di repertorio a immagini di finzione ricostruendo il dietro le quinte di una giornata che scosse gli Usa: dal giovane Dottor Carrico, impotente innanzi alle condizione di Kennedy che poi si ritrova tra le mani anche la vita del suo assassino, alla famiglia di Lee Harwey Oswald, ai sensi di colpa della scorta passando per la questione del video di Abraham Zapruder, si raccontano piccole storie passate alla Storia solo come comparse ma che in questa pellicola diventano protagonisti.

Nel film il sentimento nazionalista è molto forte e lo si percepisce principalmente dalla ricostruzione della reazione del popolo americano alla triste notizia e dal fatto che l’attore che interpreta JFK non viene mai inquadrato in volto.

Nel primo lavoro cinematografico di Landesman ci sono dei racconti che vogliono commemorare, un amore forte per il proprio paese e nessuna voglia di cercare, per una volta, il complotto. Lo spettatore forse sarebbe uscito dalla sala più sazio se, per l’ennesima volta, il regista avesse voluto scavare nel torbido di una storia già esageratamente vivisezionata invano, invece di limitarsi a raccontare cosa stava accadendo intorno a quel palco che, per giorni, è stato il centro del mondo.

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