UN RITRATTO/NOIR ATTENTO, NON PRIVO DI DIFETTI, CHE DESCRIVE L’INIZIO DELLA BEAT GENERAZIONE
DATA DI USCITA: 17 ottobre 2013
DURATA: 104′
VOTO: 3,5 SU 5
“Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa, | hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte, | che in miseria e stracci e occhi infossati stavano su partiti a fumare nel buio soprannaturale di soffitte a acqua fredda fluttuando sulle cime delle città contemplando jazz”: questo scriveva Irwin Allen Ginsberg poeta di quella che è stata la Beat Generation e amico, tra gli altri di Jack Kerouac, William S. Burroughs e John Clellon Holmes e protagonista – con il volto di Daniel Radcliffe – dell’opera prima di John Krokidas, Giovani ribelli.
Allen è un giovane talento dal padre poeta e dalla madre affetta da un disturbo mentale, arrivato alla Columbia University grazie a una borsa di studio. È proprio nell’ateneo che il ragazzo incontra il bello e benestante Lucien Carr (Dane DeHaan) il quale, colpito dall’intelligenza di Allen, lo porta nel cuore intellettuale di Manhattan a casa del bidello scrittore David Kammerer (Michael C. Hall) il suo amante. In quello stesso appartamento leggono, scrivono e fanno, inconsapevolmente, la storia della letteratura americana anche Jack Kerouac e William S. Burroughs ma la gelosia di David per lo splendido Lucien porterà i futuri scrittori a scontri molto forti fino a che, un evento tragico e inaspettato, li dividerà.
Molto diverso dal piatto tentativo del lungometraggio On the road di Walter Salles di ricostruire i meccanismi – e un capolavoro letterario intoccabile anche dalle mani fatate settima arte – della Beat Generation, Giovani ribelli si incentra su ciò che è accaduto prima che quella generazione sia divenuta un movimento, mischiando il lato puramente storico al genere noir e puntando sulla tentazione erotica impersonificata da Lucien che, mancando di talento, attraverso la sua bellezza diventa oggetto del desiderio delle giovani e operose menti quasi come se volesse, attraverso il suo corpo, rubare parole e talento per non scadere nella mediocrità alla quale è destinato come scrittore.
È di lui che perdutamente si innamora Allen/Radcliffe dando così un calcio al suo passato da Harry Potter e diventando in questo lungometraggio protagonista di un triangolo amoroso, omosessuale, carnale, pericoloso e proibito, egregiamente interpretato e diretto.
Splendida la figura di Kammerer, perfetto col volto di Dexter, metafora dell’iniziazione a qualcosa di nuovo e diverso e della totale mancanza di sentimentalismi propria della Beat mentre la descrizione di Burroughs (Ben Foster) e Kerouac (Jack Huston) risulta un po’ troppo stereotipata.
In un’America anni quaranta, tormentata e fumosa come i ragazzi sui quali Krokidas si sofferma, il cineasta riesce, con un crescendo funzionale di drammaticità che porta all’evento/omicidio finale e peccando di quello strafare tipico dei neofiti e per questo perdonabile, a descrivere quelle vite che hanno cambiato il pensiero in un momento di passaggio della storia letteraria, e non solo, americana soffermandosi sul loro tormento.