DAL 1983 AD OGGI, LA RISATA COME MEZZO PER ELUDERE LA REALTÀ
Il termine cinepanettone, nel lessico italiano, non esiste; questo neologismo – o sarebbe meglio dire etichetta – è solo una via comoda, sbrigativa e superficiale per identificare uno dei più importanti fenomeni culturali degli ultimi trent’anni.
Questa parola tanto usata, abusata e inflazionata non è nient’altro che un epiteto appioppato da una certa scuola di critica cinematografica a quei prodotti nati e pensati per rallegrare un cinema italiano che dalla fine degli anni ’70 ha subito una vera controtendenza in fatto di commedia; scelte produttive sbagliate e avventate hanno lasciato troppo spazio ad un nuovo neorealismo frettoloso e mal funzionante che ha affossato l’industria audiovisiva, facendoci scontare le conseguenze fino ad oggi.
Il cinepanettone che detto così, per altro, sembra un cinema dentro un enorme panettone, è nato ufficialmente nel 1983 con Vacanze di Natale dei Fratelli Vanzina. Il film, vero e proprio cult, ricco di battute cafonal, situazioni pecorecce e una comicità vibrante e ritmata vede un cast composto da nomi importanti come Stefania Sandrelli, Claudio Amendola, Riccardo Garrone, Mario Brega, Jerry Calà e addirittura una comparsata di Moana Pozzi. Tra tutti loro, orchestrati nella splendida cornice di Cortina, c’è anche il rappresentante assoluto e orgoglioso della nuova commedia all’italiana: Christian De Sica. Ecco che la storia è servita, i tempi sono cambiati e Aurelio De Laurentis, produttore capace e fervete, ha capito che la società italiana ha davvero preso la strada della furbizia, dell’essere arruffoni e goderecci e quindi, a onor di causa, ha trasmigrato l’italiano medio sul grande schermo. Attenzione, però: la commedia italica ha da sempre raffigurato il nostro paese per quello che è; addirittura Dino Risi l’aveva capito nel 1962 come sarebbero andate le cose da li a trent’anni: nessuno può negare che il personaggio di Bruno Cortona di quel capolavoro de Il Sorpasso sia adatto ad una storia come quella di Vacanze di Natale. Risi, dietro quella curva, ha fatto morire l’educazione di un tempo fin troppo rispettoso per dare spazio all’Italia arrogante e sbracciona di oggi.
Ogni Natale, da quel lontano e, ahinoi, sbiadito ’83, la famiglia italiana fa l’albero, il cenone e va al cinema per ridere, svagarsi e allontanarsi, per un attimo, da quei problemi che innegabilmente sotto le feste vengono tutti a galla. Ridono. Ridono perché per certi versi vengono prese in giro quelle maestranze, quei ”professionisti”, quei cafoni che tormentano la vita di tutti e, c’è da pensare, che chi si indigna nel vederli, reputandoli spazzatura, sia proprio quel tipo di italiano preso di mira, sbeffeggiato e ridicolizzato.
Ciò che contraddistingue queste pellicole è una trama fricchettona, belle e scollate presenze femminili, musica alla moda e tendenze che rispecchiano in pieno l’italiano medio borghese, per l’appunto. Dopo Vacanze di Natale i Fratelli Vanzina si presero una pausa dalle uscite natalizie; nel 1990, altra data importante per la storia del cinepanettone, uscì in sala Vacanze di Natale ’90 che segnò l’inizio del duo tra Christian De Sica e Massimo Boldi, alla regia c’era Enrico Oldoini che dirigerà i due mattatori anche in Vacanze di Natale ’91. La vera svolta arrivò con Vacanze di Natale ’95, un cast ricchissimo e gli anni ’90 che pullulavano di spunti, hanno fatto si che il film fu un vero e proprio successo, anche grazie alla nuova regia di Neri Parenti. I Vanzina tornarono sotto l’albero nel nuovo millennio, con Vacanze di Natale 2000. Con un cast che vede alternarsi volti come quelli di Alessandro Siani, Fabio De Luigi, Paolo Conticini, Enzo Salvi, Biagio Izzo, Massimo Ghini, Sabrina Ferilli, Michelle Hunziker e Paolo Ruffini da lì, ogni Natale, i nostri beneamati, girano il mondo: Egitto, India, Olanda, Svizzera, USA, Brasile, Sudafrica e, per finire, tornano dove tutto è iniziato, a Cortina, con Vacanze di Natale a Cortina del 2011, un film profondamente diverso dagli altri, dove, per certi versi, regna una sorta di malinconia, visto che è ”ufficialmente” l’ultimo cinepanettone.
Infatti la crisi di mercato, le idee che sembrano scarseggiare e l’influenza ottusa dell’opinione pubblica hanno fatto si che i risultati al botteghino non fossero più quelli di una volta; dal 2006 con Natale a New York – tra l’altro primo film dopo la rottura della coppia De Sica-Boldi – gli incassi cominciarono leggermente ad incrinarsi, fino ai risultati, se pur comunque soddisfacenti, degli ultimi Natale a Bevery Hills, Natale in Sudafrica e Vacanze di Natale a Cortina. Aurelio De Laurentis, spinto da una voglia di cambiamento, nel 2012, stupisce tutti con la sua rivoluzione stilistica e di genere, produce Colpi di Fulmine, diretto comunque da Neri Parenti, che si distacca totalmente per stile, linguaggio e trama dai precedenti film natalizi. Della vecchia guardia troviamo solo Christian De Sica, affiancato da attori importanti come Luisa Ranieri, Anna Foglietta ed il duo comico Lillo e Greg. La pellicola, divertente ed educata, attinge ancora dagli usi e i costumi degli italiani, questa volta però si mette al loro livello, parla a tutti e raffigura il popolo italico onesto, sincero e perbene che nei precedenti film era la ”vittima” di quei protagonisti divenuti troppo arroganti spregiudicati.
Fino ad arrivare ad oggi. Il 2013, molto probabilmente, sarà il crocevia di un rito pop che è entrato di diritto nella cultura italiana: infatti, per scelte artistiche e contrattuali, Christian De Sica arriverà in sala con il suo ultimo film natalizio, targato De Laurentis, Colpi di Fortuna. L’attore che da sempre è stato il comun denominatore delle nostre festività chiuderà il suo rapporto con i cinepanettoni, in funzione di una sua nuova stagione artistica.
C’è da dire una cosa, però: oltre la storia, le battute tormentone e la discutibilità di un certo linguaggio, questi film hanno segnato l’economia di un cinema italiano in perenne crisi d’incassi (se pure con le dovute eccezioni), troppo spesso – e troppo facilmente – sono stati bistrattati e aggrediti da una controcultura politicizzata, abietta e snob, che li ha da sempre criticati, senza rendersi conto degli enormi introiti che i Vacanze di Natale apportavano allo stato. In una società consumistica come la nostra, che divora senza lasciare briciole, avidamente e ottusamente, qualunque nuovo imput che le viene dato è subito digerito e poi dimenticato, sottolineando la debolezza di alcuni fenomeni effimeri e finti ma elogiati e giustificati, quando erano (e saranno) solo mere produzioni di marketing.
I cinepanettoni, se pure con i loro limiti, offrono semplicità e buon umore, un imprescindibile equilibrio, una certezza che univa e accomunava milioni di italiani, sia al cinema che sul divano di casa. Il successo e la risonanza che hanno – e continueranno ad avare, in barba ai moralisti – è dimostrato dal fatto che le pesanti critiche li hanno resi coesi, studiati, invidiati ed emulati, facendo capire a tutti che una risata può essere l’arma più importante in una realtà che ci vorrebbe perennemente a terra.
Damiano Panattoni