LA RECENSIONE IN ANTEPRIMA DI UN NOIR PROVOCATORIO DAVVERO NOTEVOLE
DURATA: 107′
VOTO: 4 su 5
Ogni volta, Lee Daniels, lascia il segno. Non è di certo uno che romanza e alleggerisce i suoi film, nè vuole far leggere tra le righe. Ce lo ha messo in testa con il thriller Shadowboxer, e lo ha ribadito nel drammatico e fortissimo Precius. Le sue storie le sceglie attentamente, e poco importa che spesso siano adattamenti di opere letterarie: lui ne farà ugualmente una grande opera cinematografica. Così è anche per The Paperboy, provocatorio noir presentato alla scorsa edizione del Festival di Cannes, forse troppo provocatorio per farlo uscire nelle sale italiane. La critica in effetti non ne ha parlato molto bene, giudicandolo negativamente troppo spinto. Ma da quando siamo diventati così moralisti da non accorgerci neanche quando ci troviamo di fronte ad un’opera pulp dove tutto è concesso, specialmente al cinema?
Paperboy è la storia del caso giudiziario di Hilary Wan Wetter (John Cusack), condannato alla pena capitale per aver ucciso uno sceriffo. La scintilla che accende la miccia, in questo caso la vicenda, è Charlotte Bless (Nicole Kidman), la fidanzata virtuale dell’uomo che scrive al Miami Times per chiedere di indagare sulla sua innocenza della quale è convinta. I giornalisti Ward James (Matthew McConaughey) e Yardley Acheman (David Oyelowo) si mettono così all’opera incuriositi dalla vicenda, aiutati dal fratello minore di Ward, Jack (Zac Efron), che si innamorerà follemente della donna.
Basato sul romanzo Un affare di famiglia di Peter Dexter, ambientato in Florida a fine anni ’60, il film raccoglie in se numerose tematiche sviluppate con criterio e originalità. Dalla discriminazione verso i neri, al disagio creato dall’omosessualità, all’arrampicamento sociale, ai giochi di potere delle autorità, alla pena di morte. Temi forti insomma, alleggeriti dal tono noir e ammaliante che Daniels dona all’opera. A stregare la scena ci pensa una Nicole Kidman strepitosa, che a quarant’anni e passa non solo è in formissima, ma seduce e tira fuori un sex appeal incredibile. Si mette in gioco con un personaggio enigmatico, che sa comunicare apparentemente solo con l’erotismo. D’altronde questo è il ritornello del film. Ogni dettaglio, ogni inquadratura lascia spazio all’immaginazione, che fluttua in uno ambiente in cui l’aria è intrisa di ormoni alle stelle. E’ un gioco lussurioso quello che fa il regista con lo spettatore, creando un thriller sessuale senza fare l’errore di dedicarsi troppo alla storia o all’elemento caratterizzante.
La scelta di trattare così tanti argomenti senza però approfondirli ma soffermandosi solo sullo scandalo, deriva probabilmente dalla decisione stilistica di voler solo contestualizzare storicamente il periodo in cui si sono svolti i fatti. Di vicende che parlano del razzismo degli anni ’60 ne sono state girate a migliaia. Questo è un film diverso e coraggioso, che punta tutto sulla barbie Nicole e la sua seduzione, facendo arrivare lo spettatore al riflettere sui problemi sociali attraverso un pretesto diverso. Sono la forza delle scene in cui si respira un’atmosfera strana e percepisci che qualcosa di strano sta per succedere, i gesti e gli sguardi degli attori, la sceneggiatura forse non troppo originale ma con un pizzico di humour, che portano avanti la storia che di per se è un po lenta e non lineare, raccontata dalla domestica nera di casa James.
Il cast eccezionale inoltre, regala interpretazioni da brividi, elevando il film ad un livello cult.