QUANTO AMORE PER IL CINEMA SULLA NAVETTA CHE PORTA ALL’AUDITORIUM
I festival sono belli per vari motivi. Anche quando la stampa li definisce “deludenti”, “ mosci”, con troppe poche star sul red carpet, con poche anteprime mondiali, c’è un aspetto meno evidente che suscita un piacevole entusiasmo: è la frequentazione dei festival di giovanissimi (studenti, aspiranti registi, attori, addetti ai lavori) e di persone over 60 che sono semplicemente appassionati di cinema.
Quello che rende questo fatto interessante è il loro incontro. Dove avviene, oltre alle sale e agli spazi in comune intendo? Sulle navette che portano al luogo del festival. Qui a Roma lo “shuttle” che da piazza Barberini porta all’Auditorium è un punto di osservazione privilegiato, unico. Tanto che se non fosse che lo prendi per andare alle proiezioni, varrebbe la pena restarci sopra un paio d’ore.
L’umanità che ama il cinema e lo frequenta è la più disparata. Inteneriscono i giovanissimi studenti, che si animano parlando dei film, si incavolano parlando del sistema del cinema che non gli dà abbastanza spazio, si scambiano opinioni, materiale e numeri di telefono.
Le situazioni più belle però, sono quelle di confronto con i loro “ nonni”.
Usciti dalla visione dello stesso film, Gods behaving badly” (commedia con un cast d’eccezione tra cui Christopher Walken, John Turtutto, Sharon Stone – che racconta la storia degli dei dell’Olimpo ormai privi di potere che si sono ritirati a vivere a Manhattan), sulla navetta le due generazioni ne parlano con una certe verve: “ E’ un po’ una cavolata sta cosa che alla fine riacquistano il potere perché la gente crede in loro” , dice un ragazzo. “ Ma come?” controbatte un nonno cinefilo “è una cosa vera! Perché ai politici oggi chi lo dà il potere? Chi crede in loro no?!”. “Si ma qui sti dei che vivono in modo dissoluto….dai” fa un altro. “Sono greci eh!? Per loro era normale vivere così”. “Ragazzi era una commedia su”. “ Però aveva un messaggio ragazzi” incalza il nonno. “ Se non hai autorevolezza verso gli altri non riuscirai a raggiungere gli obiettivi, perché nessuno crederà in te”, azzarda un altro.
Poi ognuno torna ai suoi discorsi. Ma il nonno mi incuriosisce così tanto che gli chiedo se è al festival perché lavora o lavorava nel settore, e lui mi regala una preziosa testimonianza. Non ha mai lavorato nel settore, anzi, ha fatto un lavoro di ufficio ben lontano dai set. Ma la sua giovinezza, la ricorda attraverso i film che ha visto, tanti, nella sua Reggio Calabria.
“D’estate ,la città si risvegliava dal letargo, si andava al mare, si conoscevano le ragazze in vacanza. Da fine settembre le cose cambiavano, dopo il giro alla villa delle sei, tutti a casa. O al cinema. Ce n’erano tanti. Prima, seconda e terza visione, così se non avevi abbastanza soldi per la prima, rivedevi i film con poche lire”. Così è nata, cresciuta, la sua passione, che non lo ha mai abbandonato. Ancora oggi guarda le versioni integrali di C’era una volta in America, e si commuove.
Poi ci sono i padri dei trentenni che lavorano o tentano di farlo, nel cinema, che così sostengono e si sentono più vicini ai loro figli. Eleganti signore che preferiscono un film al giro shopping, nonne che accompagnano nipoti adolescenti per The Hunger Games e si fanno entusiasmare da loro. Ci sono anche le attrici e gli attori che sono venuti a fare i provini con Veronesi, Ozpetek e Castellitto, alcune speranzose, altre disincantate e deluse. “ Mi ha interrotta subito, non gli sono piaciuta”. “Tanto non mi chiameranno mai” , “ Provare non costa nulla”.
Sono pezzi di vita, ricordi, speranze. Sono mondi lontani, che grazie all’amore e alla passione per il cinema, si sfiorano, mezz’oretta, sulla navetta. “In bocca al lupo per il tuo futuro” dice un nonno ad una giovane aspirante attrice, lei si volta, visibilmente stanca. “ Grazie, che lei mi porti fortuna!”.