ALEMÀ CI PORTA UN WESTERN SUI GENERIS, AMBIENTATO IN UN PAESINO DEL SUD ITALIA
GENERE. AZIONE
VOTO: 3,5/5
Quattro uomini, una scaccia cani ed un progetto. Rubare la statua della Santa di un paesino della Puglia. Dante, Gianni, Agostino e Diego sono diversi, molto, e non solo per l’età. Dante è il leader, lui la sa lunga, suo fratello Diego molto meno, ma guida bene. Agostino è un ex galeotto, quindi fa paura. Poi c’è Gianni, rubacuori, sveglio, le ha tutte. Un gruppo eterogeneo perfetto per fare un colpo che sembra un gioco da ragazzi, in effetti, basta andare in paese, forzare le porte della chiesa, rubare la statua e scappare via senza fare male a nessuno. Ma le cose, purtroppo non andranno come previsto, e i quattro si troveranno alle prese non con qualche poliziotto, ma con un paese intero, bambini compresi
La Santa di Alemà sorprende. E neanche poco. Non solo per l’originalità della sceneggiatura, interessante perché fonde vari generi e non annoia, ma soprattutto per l’ironia nascosta dietro la tragedia. Il budget del film è basso, i tempi di produzione sono stretti, la resa è massima. Unendo vari elementi totalmente distaccati tra loro e mettendoli in relazione in modo creativo, si riescono a vedere tutte le sfaccettature che danno continuità al film senza annoiare né tantomeno rendendo possibile una classificazione precisa all’interno di un genere. La santa, che i quattro tentano di rubare dopo averne percepito il valore, rappresenta tutto tranne che la religione. La violenza con la quale gli abitanti del paesino si scagliano verso i quattro, è quasi animalesca. Pur di vendicare un simbolo così cristiano e fondamentale, utilizzano mezzi del tutto in contraddizione con ciò che esso stesso rappresenta, un paese intero armato, in ogni modo, cerca di ostacolarli. Non mancheranno nemmeno le mamme arrabbiate, talmente tanto, da pestare uno dei poveri malcapitati portandolo alla morte, oppure, i ragazzini che bramano nel vedere la precisione con cui con un fucile si può colpire alla testa di uomo e stenderlo
Finiamo dunque quasi da subito a fare il tifo per loro, sono simpatici e quel posto sembra ottuso come pochi. Pur ambientato in un luogo tipicamente pugliese, la pellicola non critica il Sud, il cast stesso ha rivelato in conferenza stampa “Nessuno di noi è di Bolzano alta”, ma ha scelto di girare in quei luoghi perché si prestavano perfettamente allo scopo. In effetti, non si può far a meno di notare, che il paesaggio fatto di ulivi e trulli ha in sé qualcosa di claustrofobico e tipico allo stesso tempo, una trappola per chi non è del luogo, rendendo impossibile una fuga agevole.
Al prodotto di Alemà non manca niente, cast, veramente bravo e complice come non se ne vedevano da tempo, sceneggiatura, fotografia,regia, tutto si coordina in modo fluido, senza annoiare, portando sullo schermo (piccolo purtroppo) una ventata di aria fresca per un cinema italiano da troppo tempo stantio e ripetitivo.