I NESSUNO DEL MONDO RACCONTATI DA NEUS BALLUS
Nell’arsura catalana di un’estate priva di pioggia il cineasta spagnolo Neus Ballus immortala nel suo documentario La plaga, alcune, marginali, esistenze della sua terra.
Lurie è un immigrato moldavo, agonista di lotta greco-romana ma anche contadino insieme a Raul che ha una coltivazione biologica di ortaggi. La filippina Rosemarie è un’infermiera nella casa di cura dove viene ricoverata la minuta ottuagenaria Maria che per tutta l’esistenza è stata piegata sui campi. Il sole cocente non risparmia neanche Maribel una prostituta costretta a passare intere giornate su una sedia in attesa dei propri clienti.
Il sole secca la pelle e l’anima dei protagonisti, persone che si sfiorano per caso nella periferia della vita, il male bianco minaccia e logora le piante esattamente come le vite dei reali protagonisti del lavoro di Ballus sono state lacerate dal tempo, dalla stanchezza. Difenditi, resisti! urla il maestro a Salus e la plaga nel corpo accaldato di Maribel e negli occhi tristi delle infermiere che giorno dopo giorno vedono andare via per sempre persone alle quali si erano affezionate risulta essere il destino che in alcuni casi corrode, invecchia, uccide. Piega le schiene sino a spezzarle definitivamente.
La regia geometrica del cineasta abbellita dalla calda fotografia di Diego Dussuel fanno de La plaga un lavoro esteticamente ineccepibile dal punto di vista visivo. L’interesse delicato e anche doloroso per quei nessuno del mondo da un tocco da novella verista contemporanea al lungometraggio che strazia lo spettatore per quasi tutto il tempo fino a dare un respiro di speranza, quasi di benedizione dopo tanto patire (dei protagonisti e di chi li osserva), sul finale che accompagna l’intera opera nel limbo dell’inutile pornografia del racconto dell’uomo qualunque, tipologia di narrazione di gran moda al momento.