STALLONE E DE NIRO TORNANO A BOXARE IN UNA COMMEDIA A TRATTI DEMENZIALE MA RIUSCITA
GENERE: comico
USCITA IN SALA: 9 gennaio 2014
DURATA: 110 minuti
VOTO: 3,5 su 5
Troppo facile dire Toro Scatenato contro Rocky Balboa, certo che quando i due pesi massimi del cinema mondiale si incontrano ne Il Grande Match l’album dei ricordi digitali scatta subito al passato e noi non possiamo che lasciarci scappare quel sorriso malinconico che ci riporta a tempi lontani rispetto a questo rendez vous dei gloriosi personaggi anni 80.
Qui però si comincia che l’incontro-scontro di pugilato è già avvenuto in passato tra Razor e Kid, due fenomeni della boxe ormai prossimi alla pensione, finiti senza successo a fare lavori “normali” per scampare alla giornata. Peggio è andata a Sly, che dopo essersi ritirato all’apice del successo e senza aver dato a Bob la dovuta rivincita, ora si trova in gravi ristrettezze economiche. L’antica rivalità non è mai stata sopita.
In questa storia ci sono i ritmi della commedia, quella a tratti slapstick e al contempo impegnata, quindi tutto può accadere ed ecco che una sorta di miracolosa trovata pubblicitaria diventa video virale e occasione di rilancio e rinascita per gli attori, ieri impegnati a Roma in conferenza stampa. Un antica rivalità in amore darà ben incarnata dalla 60enne Kim Basinger darà fuoco alle polveri, mentre un manager li riunirà per un’esilarante campagna promozionale.
Peter Segal usa e sfrutta in regia il potenziale comico di questo duo così stranamente assemblato, usando l’unica arma contro il rischio di farsa che poteva esserci dietro l’angolo del ring: l’ironia. E ci riesce, confezionando un prodotto di buona fattura, divertente e dal ritmo giusto, che richiama alcune classiche commedie del passato e chiude in bellezza con una gag degna della trilogia di Hangover, ovvero Una Notte da Leoni in questo caso attempati.
Chi ha detto che far ridere sia facile? De Niro e Sly si impegnano davvero e sfruttano al massimo la loro verve interpretativa per dare vita a due personaggi lunatici e scontrosi, onesti e un tantino fuori forma, ma il loro training, nonostante la scivolata sul sentimentalismo, rimane il punto migliore del film. Come non darsi mai per vinti, nonostante il talento non faccia rima con carta d’identità. I personaggi di contorno e le battute da copione sono perfette per dare fiato ad un film che vive nell’attesa dello scontro.
E quando questo arriva i dodici round sono obbligatori, alla faccia dei loro fisici non più giovani, quel che conta è menarsela di santa ragione nella sacralità di uno sport prettamente americano. Proprio in stile Grande Match, semplice e diretto, ma efficace come un montante di Rocky o un gancio di Jake La Motta.