DELUDE E ANNOIA IL REMAKE DEL THRILLER DI SIR STEPHEN KING CON CHLOE GRACE MORETZ
USCITA IN SALA: 16 gennaio 2014
DURATA: 100’
VOTO: 1 su 5
Tutto ebbe inizio esattamente 40 anni fa, nell’aprile del 1974. Quando un allora sconosciuto Stephen King inaugurò la sua celebre carriera di autore di horror e thriller pubblicando il suo primo romanzo: Carrie. Il libro raccontava la storia di una ragazza disadattata di nome Carrie White, alle prese con un’adolescenza difficile, una madre aggressiva e ossessionata dalla religione e l’inaspettata scoperta di possedere poteri telecinetici.
Il successo editoriale fu tale da spingere due anni più tardi Brian De Palma a dirigerne la trasposizione cinematografica, anch’essa di notevole fattura e riscontro di pubblico. Bisogna allora interrogarsi sul perché, a ben quattro decadi di distanza, di questo remake francamente inutile e mal riuscito.
Va bene la crisi d’idee ad Hollywood, ma forse l’equazione successo del passato: ripetibile successo nel presente, non è andata questa volta a buon fine.
Nonostante un’importante campagna pubblicitaria ci descriva il film diretto da Kimberly Pierce come un horror da brividi, risulta difficile non collocare questa pellicola nel segmento dei teen-movies adolescenziali.
D’altronde la protagonista Chloe Grace Moretz (Carrie White), è ancora troppo identificabile con il suo personaggio nel cult movie Kick-Ass e seppur creciutella e ormai capace di tener testa, alla ben più navigata Julianne Moore (Margaret White), risulta decisamente fuori ruolo nell’interpretare questa ragazza insicura, alle prese con una madre che cerca di isolarne l’esitenza in una campana di vetro a prova di peccato.
Senza entrare nel merito di un confronto stilistico con il grande De Palma(un possibile parallelism non è nemmeno lontanamente ipotizzabile) ciò che non convince è la messa in scena di quell’America di provincia isolata e retrogada così ben descritta nel libro originale, che qui si trasforma in una più riconoscibile America delle high school 2.0. Tra balli studenteschi nell’era di Twitter e degli amori a mezzo Facebook.
Julianne Moore, prova con la sua bravura e un notevole lavoro d’imbruttimento da parte dei truccatori, a dare credibilità al suo personaggio di una donna ossessionata dal maligno, consapevole di aver dato alla luce una creatura voluta dal diavolo. Peccato che la sceneggiatura non le renda giustizia e che il suo personaggio viaggi sul filo del rasoio della macchietta.
La regista Kimberly Pierce, strizza l’occhio ai recenti successi dei blockbuster dei super eroi e dopo una lenta narrazione delle trasformazioni interiori di Carrie a seguito della scoperta dei suoi poteri, si cimenta in un finale ad alto contenuto di effetti speciali che da solo non basta a risollevare un film che si colloca decisamente tra i più mal riusciti degli ultimi anni.