Nicolas Cage: buon compleanno antieroe!

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NICOLAS CAGE COMPIE CINQUANT’ANNI. DA CUORE SELVAGGIO A KICK-ASS LA CARRIERA DI UN VERO MITO DEL CINEMA

Aveva un nome pesante e ingombrante, quell’acca proprio non gli piaceva e, ovviamente, mal digeriva quel cognome che richiamava alla mente una padriniana memoria, frutto di uno zio regista che lo ha introdotto nel mondo stellato del cinema. Nicholas Kim Coppola, per l’appunto, possedeva una firma che lo precedeva e, se conosci il mondo dello spettacolo e hai il fegato per affrontarlo, sai benissimo che i raccomandati hanno la vita breve. Facile ma breve.
Meglio togliere l’acca dal nome e cambiare cognome, prende spunto da quell’eroe dei fumetti e da quel grande musicista avanguardista. In fin dei conti, Cage, Nicolas Cage, suona davvero bene.
Lo zio, dietro le quinte, c’è ancora, lo consiglia e lo indirizza, lo svezza. Ad Hollywood se vuoi far strada devi partire in sordina, lentamente, umilmente e il coraggio e la bravura, poi, fanno il resto, coniando il mito.

Nicolas Cage, l’eroe romantico, l’attore pronto ai proiettili come al bacio, con quel viso allungato e stralunato, sognante e malinconico, gentile e fiero, compie mezzo secolo. Cinquant’anni che tagliano una carriera in verticale, la elevano e la costellano di cazzotti, pistole e avventure ma anche di buoni sentimenti, talento istrionico e recitazione impegnata. Tanti i successi e, di che si dica, a dispetto di quella critica polverosa e seriosa, pochi i tonfi in una carriera che per Cage è stata un gioco che gli ha fruttato anche un meritatissimo Oscar. La sua forza, la più importante nel mondo dello show-biz, è l’amore incondizionata che il pubblico ha per lui; la generazione che viaggia attraverso gli anni ’80 e ’90 è cresciuta con le sue pellicole, con la sua stempiatura e con il suo latente e profondo sguardo da psicopatico depresso e perennemente inadatto.

Non li ha mai ascoltati i detrattori, né a inizio carriera né ora, con la maturità che può possedere un uomo e un artista di mezza età, dopo che ne ha viste e ascoltate tante. Con l’aiuto inziale dello zio-padrino Francis Ford in Rusty il Selvaggio (’83), Cotton Club (’84) e quel gioiello di Peggy Sue si è sposata (’86), Nicolas Cage inizia la sua escalation al cinema ”importante” con Ariziona Junior (’87), capolavoro vidimato dai Fratelli Coen e, successivamente, si mette al servizio di David Lynch in una delle sue parti memorabili e imprescindibili: diventa il protagonista di Cuore Selvaggio (’90), con quella giacca di pelle di serpente, simbolo e icona di una fede e di una liberà personale che Cage ha sempre perseguito.

La sua definitiva consacrazione arriva negli sfavillanti anni ’90, quelli dei mass media, di internet e della globalizzazione, di un cinema che mette al centro di se l’intrattenimento puro e nudo. Nicolas Cage ne è l’interprete protagonista, l’incarnazione perfetta della seconda giovinezza di Hollywood che abbraccia e si getta nell’ibrido, nel cambiamento, nell’eccesso e nella spettacolarità; proprio lui che mai si è sentito sex-symbol, mai si è sentito una star da tappeto rosso. Dopo il delicato Cara, Insopportabile Tess (’94) e il sognante Può Succedere anche a te (’94), Nicolas Cage viene premiato dall’Academy con l’Oscar al Miglior Attore Maschile per Via da Las Vegas (’95). Nell’opera di Figgis, Cage, interpreta in maniera magistrale un alcolizzato in preda alla paura, incatenato dalla solitudine e dal tormento che la vita gli affligge, un personaggio poeticamente perdente, uno dei migliori che si ricordino sul grande schermo.

Con un Oscar in salotto e con la consapevolezza di poter abbracciare il pubblico, tra il 1996 e il 2000, Nicolas Cage prende le redini di quello che può considerarsi il genere che per eccellenza ha caratterizzato la fine del XX secolo: l’action, in tutte le sue adrenaliniche sfumature. Prima il duetto in punta di fioretto con Sean Connery nello splendido The Rock (’96), poi l’iconicità fisica e leale in quell’esplosione di Con Air (’97) e, per finire, l’altare empatico che gli ha costruito John Woo in Face/Off (’97), uno dei capostipiti del genere, l’eccellenza pop in un tripudio di eccesso roboante e rassicurante, il manifesto di una generazione di cinefili.
Dopo Face/Off l’attore nato a Long Beach lavora con Brian De Palma in Omicidio in Diretta (’98), viene diretto da Joel Schmacher per il crudo 8mm – Delitto a Luci Rosse (’99) e, a sottolineare la sua bravura, viene ingaggiato da Martin Scorsese nel film Al di là della vita (’99).

Nel nuovo millennio Cage cambia registro, improntando e reinventandosi attore sofisticato ed intimo, arricchendosi e maturando ancora di più con opere adattissime al suo sguardo e al suo carattere introverso, ostinato, spiccato. Ecco che arriva il fiabesco The Family Man (’00), la collaborazione geniale con Spike Jonze ne Il Ladro di Orchidee (’02) e, ancora, Il Genio della Truffa (’03) diretto da un altro grandissimo regista: Ridley Scott. Successivamente, lì dove la critica lo stava aspettando al varco, il nostro antieroe è incappato in qualche scelta, diciamo, discutibile: prima Il Prescelto (’06), poi Next (’07) e Segnali dal Futuro (’09), senza considerare la serie di Ghost Rider (’07 e ’12), Nicolas Cage si è ritrovato ad affrontare una carriera che alternava grossi flop ad opere mature come Lord of War (’05) e The Weather Man (’05), oppure i divertenti Il Mistero delle Pagine Perdue (’07) e Kick-Ass (’10).

Oggi, allo scoccare dei cinquant’anni, Nicolas Cage si deve considerare come uno degli attori che più hanno influito sull’immaginario collettivo e speranzoso di un pubblico che da sempre è alla ricerca della eccezionalità, del sognante e dell’impossibile; la filmografia di Cage, così come le sue peculiarità, il suo senso dell’umorismo, la sua leggerezza personale e professionale, lo rendono tangibilmente umano, imprescindibilmente adorato e furbescamente criticato. Se Hollywood crea sogni effimeri allora Cage ne è la bacchetta magica, il mezzo ultimo di un cinema che sceglie di essere per tutti e di tutti grazie all’ironia e all’intelligenza di un mito vero e proprio.

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