UNA STORIA CHE RACCONTA LA MORTE SENZA ALCUN VELO E LA RIPORTA CON L’INCONTRO TRA IL REGISTA E L’EX BRIGATISTA GIOVANNI SENZANI
Come una pagina strappata dalla cronaca nera arriva in sala il film Sangue. Uno spaccato di vita quotidiana dove la morte aleggia in ogni spiraglio, dal degrado di una citta come l’Aquila, dalle lenzuola di un letto, dalla storia e dai ricordi di un uomo fino all’agonia e agli ultimi attimi di vita. Con una telecamera digitale il regista Pippo Delbono decide di filmare la morte della madre, una tecnica così atroce e cruda da rivelare la realtà senza alcuna vigliaccheria, nessun filtro, nessuna finzione. Un racconto autobiografico che scorre nelle vene e fa pulsare il sangue in un’estrema danza della vita e della morte. Il film, vincitore del premio Don Chisciotte alle 66° edizione del Festival del Film di Locarno e della Menzione d’Onore al Doclisboa Festival, è in sala già dall’11 gennaio.
Nella capitale la programmazione va dall’11 al 22 gennaio al Nuovo Cinema Aquila che omaggerà il regista con una rassegna “il cinema di Pippo Delbono”, portando sullo schermo le altre opere del cineasta. Il 13 l’uscita sarà quella di Milano seguita poi dalla presentazione del film a Napoli il 22 gennaio e quella di Bologna a fine mese. Sangue è tutto e forse troppe proprio come la vita, è l’amore di una donna e quello di un figlio, è il sangue versato da un assassino e la sua memoria, è la vita raccontata partendo dalla fine. Il film, molto amato all’estero, viene recepito in Italia non altrettanto bene.
La storia, nata dall’idea del regista e da Giovanni Senzani, è proprio lo strano incontro tra questi due, distanti ma accomunati dalla stessa perdita. Una storia che incrocia lo sguardo di due donne, Margherita madre di Pippo e Anna la moglie del brigatista, che pur non d’accordo nella lotta armata, accudisce il marito nei 23 anni di prigionia. Due donne che muoiono a pochi giorni di distanza lasciando i due uomini in balia del loro destino, feriti e soli. Si parte dalla morte per tornare alla vita, quasi fosse un percorso a ritroso, una morte che sdogana ogni eccesso essendo lei stessa l’eccesso, una morte che è cinicamente fredda, marmorea come la morte stessa, una morte che cammina nei ricordi di un paese, nelle sue sconfitte, una morte che è sangue, sangue versato e ripulito a forza da chi non voleva vedere.
Un film, questo, che non conosce le mezze misure, arriva dritto al punto. ‹‹Sul mio film Sangue, hanno scritto persone che non lo avevano nemmeno mai visto. Contestandolo a priori. Perché c’è Senzani ex leader delle Brigate Rosse mai “pentito”, per loro un assassino e basta…. Ma questo non è un film sulle brigate rosse, è un film dove oltre a mia madre c’è un ex brigatista. E’ un film che guarda la morte per parlare della vita››, queste del parole del regista. Pippo Delbono per raccontare la morte ha scelto chi di essa ne è stato artefice, non un vanto e nemmeno la menzogna di un Paese ma la cinica verità che la morte porta solo morte e non certo vita.